Mafia, confisca da 280 mila euro ai Graviano Sigilli al bar Sofia e a una società di trasporti

Diventa definitivo il provvedimento di confisca per il bar Sofia di via Mondini e per la società di trasporti Az srl, oltre che di un’altra azienda a Campobello di Mazara riconducibili, secondo la magistratura, ai fratelli Giuseppe e Benedetto Graviano, boss di Brancaccio. La decisione della corte d’Appello di Palermo arriva dopo lunghe indagini iniziate nel 2009 e culminate nel 2011 con l’operazione Araba Fenice, che decapitò il mandamento mafioso della periferia palermitana. A porre i sigilli sulle attività sono stati gli agenti della sezione patrimoniale dell’ufficio misure di prevenzione della questura di Palermo. 

Nell’operazione erano finiti in manette i vertici del clan di Brancaccio, tra cui la sorella dei boss, Nunzia Graviano, che aveva preso le redini della famiglia dopo l’arresto dei due fratelli.  Le indagini avevano portato alla luce il sistema di estorsioni portato avanti dagli uomini e dalle donne del mandamento. I Graviano, in particolare, sono considerati tra i mafiosi di più alto profilo dei primi anni Duemila, responsabili di diversi omicidi di mafia tra cui quello del Beato padre Pino Puglisi. Tra gli altri destinatari del provvedimento Salvatore Perlongo palermitano, 41 anni, titolare del bar Sofia, Christian Divano, 33 anni titolare della Az Trasporti, Antonino Sacco, palermitano, 61 anni, Benedetto Graviano, 58 anni e Cesare Lupo, palermitano, 55 anni, capo della famiglia mafiosa di Brancaccio. Lupo era formalmente, impiegato della Az Trasporti, azienda che si occupava di spedizione e consegna merci. Gli uffici della società, oggi definitivamente confiscata, in realtà, costituivano la sua base operativa ed in quei locali sarebbe stato svolti summit di mafia.


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Diventa definitivo il provvedimento di sequestro per le attività intestate a prestanome, che in realtà, secondo quanto appurato dalle indagini della magistratura, erano riconducibili alla famiglia mafiosa di Brancaccio. L'azienda di trasporti annoverava tra i dipendenti anche Cesare Lupo, capo del mandamento

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