Mafia, condannato il fratello del candidato Pellegrino Per la procura è stato uomo di fiducia del boss Mazzei

Condanne complessive per 96 anni di carcere e cinque assoluzioni. Il processo di primo grado nato dall’inchiesta Ippocampo del 2014 scrive la parola fine alla prima parte di questa vicenda. Tra coloro che il tribunale, presieduto da Francesco D’Arrigo, ha ritenuto colpevoli c’è Gaetano Pellegrino, fratello di Riccardo, consigliere comunale uscente e candidato a sindaco del capoluogo etneo con la lista Un cuore per Catania. La pena più severa è toccata però a Nuccio Mazzei, 30 anni per traffico di droga e associazione mafiosa. Nove anni anche per la mamma del capomafia, Rosa Morace. Il cognato, sposato con Simona Mazzei, Gioacchino Intravia, 11 anni. Ritenuti colpevoli, infine, anche Gianni Galati Massaro, 16 anni, e Prospero Riccombeni, 13 anni. 

Sul fronte delle assoluzioni c’è il nome di Santo Mazzei, figlio di Nuccio e omonimo del nonno detenuto al carcere duro. Ritenuti innocenti con la formula «perché il fatto non sussiste» quattro imputati ritenuti dei prestanome del clan mafioso etneo. Si tratta di Silvana Aulino, Mario D’Antoni, Nerina D’Antoni e Giuseppe Pennisi. Per quest’ultimo gruppo la procura, con le magistrate Iole Boscarino e Barbara Tiziana Laudani, aveva chiesto la condanna. Il tribunale, inoltre, ha disposto la restituzione dei beni sequestrati. Per uno strano scherzo del destino, la condanna di Pellegrino arriva a meno di 24 ore di distanza dalla kermesse organizzata dal fratello Riccardo per presentare la rosa dei suoi candidati. Il nome del parente del politico, negli ultimi anni, ha fatto molto discutere, finendo pure sui tavoli delle commissioni Antimafia di Palermo e Roma. Sul vincolo di sangue il diretto interessato ha escluso da sempre ogni coinvolgimento, spiegando in più occasione di «avere le mani libere e pulite».

Secondo la procura il 41enne, soprannominato ‘u fungiuto, sarebbe stato uno dei gli uomini di assoluta fiducia del capomafia Nuccio Mazzei. Agli atti del processo anche un’intercettazione con la moglie del capo dei Carcagnusi, Enza Scalia. Nel dialogo, risalente al 2011 e avvenuto in via Pesce d’orato, l’uomo spiegava: «Vedi che io con tuo marito ci sono cresciuto, nel bene o nel male, sono sempre vicino a lui. Quello che lui mi dice io faccio, mi devi capire. Se domani mi dice: “Devi ammazzare a mia moglie“, Enza io ti ammazzo». La strada adesso, con ogni probabilità, sarà quella del ricorso degli avvocati in appello. 

Per Pellegrino una nuova grana in una campagna elettorale in cui è già emersa un’inchiesta per un presunto voto di scambio alle regionali 2017. Competizione in cui il consigliere comunale uscente si era candidato, dopo lunghe polemiche perché bollato come impresentabile, con la lista di Forza Italia. Nell’inchiesta, condotta dalle magistrati MarcoBisogni e Barbara Tiziana Laudani, sono finiti indagati anche il padre del consigliere Filippo, oltre agli ex sindaci di Aci Catena e Mascali, Ascenzio Maesano e Biagio Susinni


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