Avrebbe istigato l’insabbiamento. Questo il contenuto dell’atto d’accusa nei confronti di Giuseppe Pignatone, ex procuratore di Roma e attuale presidente del tribunale di prima istanza della Città del Vaticano. Pignatone è indagato dalla procura di Caltanissetta per favoreggiamento a Cosa nostra nell’ambito dell’inchiesta sul presunto insabbiamento di un filone dell’indagine del 1992 su mafia e […]
Mafia e appalti, per i pubblici ministeri Pignatone «istigò l’insabbiamento dell’inchiesta» per aiutare imprenditori mafiosi
Avrebbe istigato l’insabbiamento. Questo il contenuto dell’atto d’accusa nei confronti di Giuseppe Pignatone, ex procuratore di Roma e attuale presidente del tribunale di prima istanza della Città del Vaticano. Pignatone è indagato dalla procura di Caltanissetta per favoreggiamento a Cosa nostra nell’ambito dell’inchiesta sul presunto insabbiamento di un filone dell’indagine del 1992 su mafia e appalti. Insieme all’ex procuratore di Palermo Pietro Giammanco avrebbe istigato l’allora pubblico ministero Gioacchino Natoli e Stefano Crepanti – allora capitano, ora generale della guardia di finanza – a condurre «un’indagine apparente» sulle presunte infiltrazioni mafiose nelle cave toscane, limitando temporalmente la durata delle intercettazioni e il numero dei soggetti da tenere sotto controllo.
È una delle accuse che i pubblici ministeri (pm) di Caltanissetta rivolgono a Pignatone. All’epoca dei fatti contestati l’ex procuratore di Roma era in servizio alla procura di Palermo. Anche Natoli e Crepanti sono indagati con la stessa accusa. I pm di Caltanissetta contestano a Pignatone anche di avere istigato Natoli a chiedere l’archiviazione del procedimento sulle cave «senza curarsi di effettuare ulteriori indagini con particolare riguardo alle intercettazioni telefoniche». Secondo l’accusa, l’inquinamento dell’indagine e la successiva archiviazione sarebbe stata finalizzata ad aiutare imprenditori mafiosi come Antonino Buscemi e Francesco Bonura a eludere gli accertamenti degli investigatori.
«Infine – scrivono i pm nell’invito a comparire che nei giorni scorsi è stato consegnato a Pignatone – per occultare ogni traccia del rilevante esito delle intercettazioni telefoniche istigava Natoli a disporre la smagnetizzazione delle bobine e la distruzione dei brogliacci (con le intercettazioni)». La procura di Caltanissetta avrebbe anche disposto una perizia grafica sull’ordine di distruzione e di smagnetizzazione, in una prima fase attribuito a Natoli. L’ex pm ha negato che la grafia fosse la sua, da qui la perizia che – secondo quanto si apprende – sarebbe giunta a conclusioni non decisive sull’autore, sostenendo che non possa escludersi che si tratti della scrittura di Pignatone.
L’archiviazione del dossier mafia-appalti – già oggetto di indagine conclusa in un nulla di fatto – è tornata di attualità a Caltanissetta. I magistrati stanno cercando di accertare se – come ritengono i familiari del giudice Paolo Borsellino – il procedimento sulle infiltrazioni di Cosa nostra nei grandi lavori pubblici possa essere stato il movente della strage di via D’Amelio, nella quale furono uccisi Borsellino e cinque agenti della sua scorta. Borsellino, secondo questa ricostruzione, sarebbe stato ucciso proprio perché non approfondisse l’inchiesta. «Ho dichiarato la mia innocenza in ordine al reato di favoreggiamento aggravato ipotizzato – ha detto ieri Pignatone – Mi riprometto di contribuire, nei limiti delle mie possibilità, allo sforzo investigativo della procura di Caltanissetta», ha aggiunto l’ex procuratore di Roma. Pignatone si è avvalso della facoltà di non rispondere.