L'uomo, 37 anni, era stato arrestato a maggio vicino Francoforte, dopo essere stato ricercato per dieci mesi. Nel processo Illegal duty è stato condannato a 16 anni. Intercettato dagli investigatori diceva: «Il paese ce l'abbiamo metà ciascuno»
Mafia ad Adrano, collabora con la giustizia Nicola Amoroso Rapine a mano armata, estorsioni e latitanza in Germania
Ha deciso di passare dal lato opposto della barricata. Nicola Amoroso, considerato uno dei personaggi di maggiore spicco del clan mafioso Scalisi di Adrano – arrestato in Germania nel maggio scorso dopo una latitanza durata dieci mesi – da diverse settimane ha deciso di pentirsi e iniziare a collaborare con i magistrati della procura di Catania. Amoroso è finito sotto processo dopo l’inchiesta Illegal duty, in cui oggi è stato condannato a 16 anni. Per lui la procura di Catania di anni ne aveva chiesti 20. La sua decisione di collaborare sarebbe maturata già dopo l’arresto, mentre si trovava nella città di Biebesheim, nei pressi di Francoforte. Con Amoroso adesso si allargano ulteriormente le fila di coloro che hanno deciso di abbandonare i clan di Adrano. Da Gaetano Di Marco, passando per Nino Zignale, Giuseppe Liotta, Salvatore Martello Paterniti e Valerio Rosano. Quest’ultimo figlio del capomafia a cui il clan aveva dedicato dei necrologi dopo avere saputo del suo pentimento.
Nell’ambito dell’indagine Illegal duty vennero fuori i contorni della nuova pax mafiosa tra i clan, un tempo rivali, degli Scalisi e dei Santangelo. «Il paese – dicevano intercettati riferendosi ad Adrano – ce l’abbiamo metà ciascuno». Da un lato gli alleati del clan Laudani e dall’altro gli storici amici della famiglia di Cosa nostra catanese dei Santapaola-Ercolano. Uniti nel nome degli affari. In questo quadro sarebbe emerso prepotentemente il ruolo di Amoroso.
A puntare il dito contro di lui era stato, nel 2016, proprio il pentito Zignale. Ex appartenente del clan Scalisi poi transitato al gruppo dei Santangelo. «Per un periodo è stato autista di Pietro Maccarrone», raccontava il collaboratore, per poi aggiungere: «Ha preso parte a una rapina da 200mila euro a un furgone di un commerciante cinese. Amoroso ha sparato e lo ha colpito alla gamba». Fatto avvenuto nel 2014 nel territorio di Santa Maria di Licodia. L’ex affiliato non si ferma e aggiunge altri dettagli. Dal presunto ruolo del neo pentito nello spaccio di cocaina alla presunta partecipazione «ai tentativi di omicidio ai danni di Francesco Coco». Colpevole di aver creato un suo gruppo autonomo.
Secondo i magistrati Amoroso sarebbe stato il «collante» tra i vertici della cosca adranita e la rete di spacciatori presenti sul territorio. Occupandosi, secondo l’accusa, delle cessioni di cocaina ma anche della riscossione del denaro. Il suo punto forte però sarebbero state anche le estorsioni e, soprattutto, le rapine. Tre piedi, come viene soprannominato Amoroso, avrebbe preso parte anche a un assalto a un trasportatore di pneumatici a Palermo, come raccontava ai magistrati il pentito Gaetano Di Marco: «Il conducente fu liberato nei pressi di Paternò», spiegava. Durante l’indagine la voce del nuovo collaboratore era stata captata in diverse occasioni. Nel 2015, dentro la sua macchina, veniva letta una missiva proveniente dal carcere e firmata dal boss Giuseppe Scarvaglieri. Vincenzo Biondi, invece, svelava i dettagli del giuramento che aveva fatto poco tempo prima per entrare nel clan.