La polizia di Stato, su delega della procura distrettuale della Repubblica di Catania, ha eseguito un’ordinanza di applicazione di misure cautelari a carico di un sodalizio criminale responsabile di associazione per delinquere finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti aggravata dal metodo mafioso.
L’operazione denominata Tricolore vede il coinvolgimento di 40 destinatari di provvedimenti restrittivi appartenenti (30 in carcere e dieci agli arresti domiciliari) a due distinte consorterie criminali, operanti nel capoluogo etneo e riconducibili ai gruppi criminali del clan Cappello–Bonaccorsi e di quello dei Cursoti Milanesi.
L’indagine, avviata nel gennaio del 2017 dalla squadra mobile di Catania e coordinata
dalla procura distrettuale, ha consentito di acquisire significativi elementi di colpevolezza
a carico di due gruppi mafiosi, operanti nel centro cittadino e particolarmente attivi nel
traffico di sostanze stupefacenti attraverso il controllo, continuativo e permanente, di un
intero quartiere del capoluogo etneo.
L’attività investigativa ha dimostrato l’esistenza, nel
rione popolare di San Berillo Nuovo, di due distinte piazze di spaccio di sostanze
stupefacenti (cocaina e marijuana), a breve distanza l’una dall’altra. La prima in corso Indipendenza angolo via La Marmora gestita dal gruppo
mafioso riconducibile al clan mafioso Cappello-Bonaccorsi, con a capo Lorenzo Christian Monaco, ovvero colui che aveva ricevuto da Salvatore Bonaccorsi – figlio di Concetto Bonaccorsi ed esponente apicale dei Carateddi (oggi
entrambi collaboratori di giustizia), l’investitura per gestire l’attività, preoccupandosi anche di definire i confini con gli altri gruppi mafiosi operanti
sul territorio.
La seconda, invece, operativa in zona limitrofa alla prima in via San
Leone, è gestita da diversi soggetti riconducibili al clan dei Cursoti Milanesi.
Il confine tra le due piazze – dopo aspri dissidi che avevano visto alcuni soggetti vicini
al clan dei Cursoti Milanesi percorrere armati le vie della città per contrastare i
rivali – veniva contrassegnato dall’apposizione di due distinte bandiere, quella degli Stati
Uniti d’America per il clan dei Cappello-Bonaccorsi, quella del Milan per il clan dei Cursoti Milanesi.
Nel gennaio del 2017, erano stati arrestati in flagranza alcuni pregiudicati, sodali a Rosario Pitarà inteso Sarettu u furasteri, storico esponente di rango apicale del clan mafioso dei Cursoti
Milanesi, in possesso di numerose armi da guerra e armi da fuoco clandestine, in procinto
di compiere un’azione di carattere dimostrativo contro il clan rivale.
Nel corso dell’attività d’indagine sono stati acquisiti elementi consolidati in ordine alle
capacità dei due gruppi mafiosi di imporre il loro controllo sul territorio tramite un articolato
sistema di pusher, vedette e custodi della sostanza stupefacente che garantivano la
gestione, prolungata e continuativa, delle due piazze di spaccio, nonostante alcuni interventi delle forze dell’ordine che avevano arrestato alcuni dei
sodali.
L’operazione, denominata Tricolore, intende riaffermare la presenza delle istituzioni
all’interno di aree cittadine, trasformate in mercati della droga a cielo aperto, e difese dai
gruppi mafiosi anche attraverso l’uso di armi.
Il connotato di stampo mafioso del sodalizio criminale è confermato dal contesto
investigativo di riferimento da cui si è appreso che i proventi dello spaccio non solo sono
destinati all’autofinanziamento della consorteria criminale ma anche al mantenimento dei
sodali in carcere, secondo noti e consolidati clichè che impongono ai soggetti non
raggiunti da misure restrittive di contribuire al sostentamento dei sodali, soprattutto di
quelli aventi un ruolo apicale.
Le indagini hanno consentito di individuare non solo i fornitori delle piazze di spaccio, legati
alla criminalità organizzata campana, ma anche di risalire a soggetti che sin da subito
sono apparsi coinvolti nel favoreggiamento della latitanza di Concetto Bonaccorsi,
storico boss, unitamente al fratello Ignazio, dell’omonima famiglia, detta dei Carateddi,
alleata con il clan Cappello. Il monitoraggio telefonico e l’osservazione dei movimenti di tali
soggetti, orbitanti in provincia di Pistoia, sono sfociati nell’aprile del 2017
nell’individuazione dell’abitazione in cui Bonaccorsi si era rifugiato, consentendone
l’arresto dopo una latitanza che andava avanti dal settembre del 2016.
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