Il presidente dell'area protetta dei monti nel Palermitano parla del disastro che si è consumato nei giorni scorsi. Una ferita che difficilmente si potrà rimarginare. «Quando un rogo scoppia in otto punti contemporaneamente, difficile pensare all'autocombustione»
Madonie, un terzo della superficie del parco è bruciata Merlino: «Dietro agli incendi c’è una precisa strategia»
Superata quest’estate il parco delle Madonie non sarà più quello che tutti ricordiamo. Nemmeno uno dei quindici Comuni che fanno parte dell’area protetta è stato risparmiato dagli incendi. Fiamme che si sono oltretutto estese anche ai territori limitrofi, sconfinando sui Nebrodi ed estendendosi fino a toccare il Messinese e l’Ennese. Una situazione «tragica e desolante» per usare le parole di Angelo Merlino, presidente dell’Ente parco delle Madonie. «Non trovo aggettivi che possano qualificarla meglio – dice a MeridioNews – Circa un terzo della superficie del parco è andata in fumo: tutta la parte boschiva e agricola del territorio di Geraci è stata distrutta, lo stesso per gran parte di quella di Petralia Soprana e Sottana. Anche il sito dell’Abeis Nebrodensis (una specie di abete in pericolo critico di estinzione, inserita nella lista delle 50 più minacciate di tutta l’area mediterranea, che cresce solo in una porzione del parco, ndr) è stato raggiunto dal fuoco, così come la Padella della Quacella. Tra Scillato e Collesano sono stati registrati danni inenarrabili. Aziende in ginocchio da San Mauro Castelverde e Gangi, non saprei davvero come altro qualificare questa situazione».
Una sorta di apocalisse, che secondo il presidente dell’Ente sarebbe stata tuttavia programmata a tavolino, a prescindere dal caldo e dal vento di scirocco degli ultimi giorni. «Gli incendi sono di natura sicuramente dolosa – continua – Abbiamo notato che dietro tutto questo c’è una strategia ben precisa: dove veniva spento l’incendio, alla prima occasione, per una sorta di completamento dell’opera, il fuoco veniva riappiccato. È successo a Geraci, Scillato, Collesano. C’è da capire a chi giova tutto questo. Ho delle idee, ma fino a quando non sono consolidate non posso esprimermi. Ho detto fin da subito che mi metto a disposizione di tutte le autorità preposte, dalla magistratura alle forze dell’ordine, ho un background professionale consolidato in anni da consulente tecnico per l’antincendio nella provincia di Messina e sono a disposizione».
E se dovesse essere confermata la tesi di un disegno ben preciso da parte de piromani a poco servirebbe parlare di prevenzione, di pulizia del sottobosco e di creazione di vie tagliafuoco. «Ho assistito a incendi dove nonostante ci fossero viali parafuoco le scintille andavano oltre e creavano altri incendi. Quando ci sono otto punti fuoco contemporaneamente c’è poco da fare. È un’amara realtà: abbiamo assistito a punti dove si innescava l’incendio, i soccorsi arrivavano e immediatamente scoppiava un altro focolaio da tutt’altra parte. Non c’è una logica chiara, però vedremo di capire e approfondire. Purtroppo mi sento a disagio, perché da gestore di un’area protetta, vederne un terzo andare in fumo, è stato come perdere una parte di me. Ho visto in timelapse di 20 giorni di incendi. Da come si sono mossi si vede proprio una modalità sistematica, organizzata. È come se ci fosse un obiettivo da portare a termine».
Incalcolabili i danni al patrimonio naturalistico, si cerca di ripartire dal territorio, anzitutto aiutando a rialzare gli imprenditori agricoli e gli allevatori colpiti dagli incendi. «Adesso bisogna prima di tutto pensare al circuito sociale e produttivo – conclude Merlino – per questo abbiamo avviato una raccolta fondi presso la Banca di Credito Cooperativo San Giuseppe di Petralia Sottana, per dare un contributo e un aiuto in qualsiasi modo a queste aziende che hanno perso tutto dalla sera alla mattina. Dopodiché vedremo con calma di stabilire le priorità di intervento attraverso progetti, l’interlocuzione con il governo nazionale, regionale, la protezione civile. Abbiamo bisogno di ripartire, siamo resistenti e resilienti e sono convinto che possiamo farcela».