L’uomo che ha sparato al cardiologo era suo paziente. «Inconcepibile poter entrare armati in luogo di cura»

Il 47enne di Favara (Agrigento) Adriano Vetro, ritenuto l’assassino del cardiologo Gaetano Alaimo, non aveva nessun appuntamento oggi al Pobliambulatorio di via Bassanesi. Stando a quanto ricostruito finora, era però, da anni, un paziente dello specialista. Oggi pomeriggio non c’è stata nessuna discussione tra i due, ma pare che ve ne fossero state in passato. Vetro è arrivato al Poliambulatorio quando la struttura non aveva ancora aperto le porte ai pazienti e, davanti agli impiegati del punto sanitario e ad alcuni pazienti in attesa, ha sparato a bruciapelo un colpo di pistola contro il medico che è stato raggiunto all’altezza del torace.

Poi è scappato, ma, poco dopo, è stato rintracciato dai carabinieri nella sua abitazione. In casa, i militari hanno trovato e sequestrato la pistola che era illegalmente detenuta. L’arma – una calibro 7,65 – è risultata rubata. Nelle prossime ore verrà inviata al Ris di Messina per essere sottoposta a tutti gli accertamenti balistici ritenuti necessari. Adesso, il 47enne si trova nella caserma dei carabinieri di Favara dove il procuratore aggiunto di Agrigento Salvatore Vella e i carabinieri, coordinati dal maggiore Marco La Rovere, lo stanno interrogando.

«Solo questa mattina avevo preso posizione in seguito all’intimidazione subita da un imprenditore edile – ha detto il sindaco di Favara Antonio Palumbo – la cui auto e il garage erano stati raggiunti da colpi di pistola, chiedendo collaborazione ai cittadini e ribadendo che Favara respinge ogni forma di violenza e sopraffazione. Ora un nuovo fatto di sangue funesta la nostra città, e ci lascia attoniti. Non ne conosciamo i motivi, se la violenza può averne, ma è nostro compito farci portatori della voce di tanti cittadini che sono preoccupati e stanchi. Serve – ha sottolineato il primo cittadino – un importante passo avanti da un punto di vista culturale, ma per farlo abbiamo bisogno, lo dico ancora una volta, dello Stato».

«Non è pensabile e accettabile che a Favara possano continuare a tuonare le pistole – ha aggiunto Palumbo – Non intendo entrare nel merito delle ultime vicende, rispetto alle quali faranno spero presto chiarezza gli inquirenti, ma da primo cittadino tornerò a chiedere con forza una maggiore presenza dello Stato nella nostra città. C’è ancora troppa gente convinta che la violenza sia una lingua accettabile, e noi siamo qui a dire a tutti loro che non c’è più spazio a Favara per gente così. Favara non vi vuole – ha concluso il sindaco lanciando un appello – Favara non può più permettersi di rimanere ancorata a un’arretratezza culturale che genera a sua volta miseria, degrado, distruzione. Non posso quindi che invitare i cittadini alla collaborazione con le forze dell’ordine, in questo caso e in altri: denunciare chi commette reati».

Il comandante provinciale dei carabinieri Vittorio Stingo, ha parlato di «una tragedia che ha colpito nel cuore la città di Favara a cui abbiamo dato una risposta immediata raggiungendo il presunto autore dell’omicidio». Il colonnello è arrivato nella cittadina dell’Agrigentino dopo l’omicidio per seguire da vicino la fase delle indagini. «In queste ore stiamo valutando, con l’autorità giudiziaria, la posizione di un soggetto che è stato trovato in possesso di un’arma clandestina – ha aggiunto Stingo – Contiamo, in tempi brevi, di avere un completo quadro investigativo e restituire un po’ di serenità a tutti i favaresi».

E sul delitto è intervenuto anche il presidente della federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo) Filippo Anelli: «Oggi è il tempo del dolore, della vicinanza e della solidarietà alla famiglia del collega. È anche il momento di chiedere, ancora una volta, piena applicazione della legge e più sicurezza per i medici: è inconcepibile che una persona possa entrare armata in un luogo di cura. Ancora un medico vittima di una atroce violenza sul luogo di lavoro – ha aggiunto Anelli – brutalmente assassinato di fronte ai pazienti. Non bastano le parole per condannare un omicidio così efferato e brutale. Saranno gli inquirenti a fare chiarezza, i giudici a portare giustizia. Oggi noi piangiamo un altro collega, caduto per mano di un suo paziente».


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