Con lapplicazione del DL 270, lofferta didattica deve soddisfare numerosi vincoli nazionali pena la perdita del valore legale del titolo. Ne abbiamo parlato col professor Cozzo, delegato alla didattica, che ha anche dato i numeri sui posti a disposizione per ogni corso di laurea delluniversità di Catania nel prossimo anno accademico
Luniversità non è più per tutti
Numero chiuso e relativi test, lauree triennali e lauree magistrali, corsi di recupero e requisiti necessari. Sono tanti i cambiamenti che caratterizzeranno il prossimo anno accademico. Ne abbiamo parlato col professor Giuseppe Cozzo, past preside di Ingegneria e delegato del rettore Antonino Recca per la didattica. La previsione del rettore, circa un 20% in meno di iscritti all’ateneo nel 2010/11, risulta confermata. Ma non è troppo preoccupato il professor Cozzo. Occorre infatti considerare – ci ha spiegato – che buona parte dei nuovi immatricolati non paga neanche la rata di marzo, rinunciando agli studi.“L’offerta per il 2010-2011 è di circa 9200 posti nei vari corsi di laurea; coloro che hanno completato l’anno accademico, lo scorso anno, sono stati circa 8200-8300” – ha detto. “Quello che perderemo già a priori sono queste persone. Potrebbe esserci un problema di saturazione in qualche corso di laurea, questo sì, per cui non tutti potranno andare nel corso di laurea voluto, però spero che sia una percentuale quasi trascurabile”.
Dal punto di vista della commissione paritetica per la didattica, la prospettiva è dunque ottimistica: la riduzione del numero di iscritti verrà compensata dalla riduzione del numero di abbandoni al primo anno. I test avranno un ruolo fondamentale in questo. “Certo, è vero che avremmo dei numeri più ridotti, è inevitabile che ciò avvenga: dobbiamo rispettare la legge e soprattutto non possiamo fare una offerta formativa non congrua alle risorse d’Ateneo, ma in teoria non dovremmo avere gli abbandoni in corso d’anno. Mi pare difficile che uno faccia il test, lo vinca e poi lasci gli studi in corso. Se servirà ad evitare questa perdita di tempo e di soldi, a questo 15-20% di aspiranti studenti, tutto sommato ben venga il numero programmato. Il test non è un toccasana, per carità, non mi faccio illusioni, però è un tentativo per razionalizzare il sistema”.
A sostegno della sua tesi il professor Cozzo ha proposto un esempio relativo al corrente anno accademico e alle facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali e di Scienze della formazione, che hanno avuto un calo di immatricolazioni di ben 500 unità non saturando i posti disponibili. “Probabilmente – è l’ipotesi di Cozzo – proprio perché c’era da fare il test, nonostante fosse, fino all’anno scorso, solo indicativo e non esclusivo”.
Vediamo quali sono i numeri dell’università:
Vede, in prospettiva, il rischio di strozzature tra lauree triennali e lauree magistrali? Il Rettore aveva dichiarato che i posti nei corsi di laurea magistrale saranno pari almeno all’80% dei nostri laureati triennali. Può confermare che ciò avverrà in maniera abbastanza omogenea tra le facoltà?
In qualche caso purtroppo si potrebbe verificare. Se confrontiamo i numeri di disponibilità al secondo livello con quelli del primo livello, troviamo una certa discrepanza in alcune facoltà. Ma anche questo non è un grande problema, perché la distribuzione delle risorse è fatta sulla base dell’esperienza pregressa. Inoltre i posti al primo anno della magistrale non devono rispecchiare il numero degli ingressi all’università, ma il numero dei laureati. Quindi quella che sulla carta potrebbe sembrare una scelta penalizzante nei fatti non lo è. È poi possibile modificare l’offerta formativa in base alle esigenze, anche se la coperta è quella che: se incremento l’offerta formativa e il numero dei posti al secondo livello quuesto vuol dire togliere risorse dal primo; oppure sono costretto a mettere il numero chiuso anche al secondo livello.
Quanto costeranno i test d’ammissione? come impedire il proliferare delle scuole private a pagamento per la preparazione agli stessi? Si potrebbero pubblicare dei test-prova sul sito delle facoltà perché i ragazzi possano esercitarsi?
Il costo di ogni test è stato già deliberato, sarà di circa 40€, uguale per tutti. Ne abbiamo discusso lungamente coi rappresentanti degli studenti, questo costo deriva dalla somma dei costi delle singole operazioni. L’affitto dei locali, ad esempio: le Ciminiere del viale Africa, concesse dalla Provincia ad un prezzo di favore, il noleggio dei banchi, la stampa dei test e la loro correzione, la gestione delle graduatorie. Finora la gestione delle graduatorie era di un test alla volta. Adesso, invece, incrocia i risultati e elimina dalla graduatoria chi ha già fatto la sua scelta, lasciando il posto agli altri. La pubblicazione dei test sarebbe una cosa sacrosanta, ma possiamo farla solo laddove c’è un’esperienza di queste cose. Nei regolamenti dei singoli corsi di studio, che saranno approvati a breve in senato accademico, comunque, si dice quali sono le tipologie di domande, o gli argomenti. Lo studente medio secondo me non dovrebbe far altro che fare il test in assoluta serenità. A parte Medicina, in cui di solito la domanda, circa 3000 aspiranti, è molto più dell’offerta, circa 300 posti. Quindi ogni mezzo è buono per avere anche un decimo di punto in più. Ma, in tutti gli altri casi, non ci sarà un grosso rischio di rimanere fuori e quindi non c’è la necessità di affidarsi ad una scuola privata per la preparazione.
Ci saranno le risorse per garantire “corsi di recupero” per gli studenti che, pur ammessi, abbiano rivelato carenze in alcune aree?
Certo, indipendentemente dalla graduatoria, il vincolo è che lo studente non potrà fare esami curriculari se prima non ha colmato i debiti. Quindi ci saranno dei corsi di recupero dell’ordine di circa 30 ore che saranno nel primissimo periodo. Diverso è il discorso per il secondo livello, perché i requisiti bisogna già averli, sto parlando di un titolo di primo livello e un certo numero di crediti. In ogni caso, comunque, indipendentemente dal nome del titolo di primo livello, sia dalla sede in cui lo si è preso, lo studente potrà iscriversi in qualsiasi corso egli scelga e in qualsiasi città universitaria italiana.
Il Garante d’Ateneo ha manifestato la seguente preoccupazione: “temo fortemente che verranno tagliati alcuni servizi che a mio avviso sono essenziali per consentire agli studenti di entrare nell’università con piena consapevolezza delle loro possibilità. Mi riferisco all’accoglienza e ai corsi di riqualificazione rispetto all’istruzione della scuola media superiore o di preparazione alle facoltà. Poiché sono corsi tenuti da personale precario, sarà questo il luogo dove si interverrà più a fondo nei tagli. Stessa cosa per i tutorati, attivi in particolare per le materie scientifico-matematiche… Sono molto preoccupato”. Che si può fare perché questa previsione negativa non si avveri?
La preparazione per l’accesso all’università va fatta all’interno delle scuole con una forte collaborazione con l’università. Lo dice la legge e lo abbiamo ripetuto nei regolamenti e alcune facoltà lodevolmente già lo fanno. C’è un problema di comunicazione che va rafforzata perché la scuola può fare tanto, perché è la scuola che prepara questi ragazzi. Nel momento in cui non ci arrivano preparati come noi vorremmo, la colpa è della scuola, ma anche nostra. Diverso è il discorso per il tutorato. Lo debbono fare i docenti, la legge è chiara su questo. Ogni docente dovrebbe seguire un certo numero di studenti, facendo loro da tutor. Questo dice la legge, ma nei fatti si stenta a rendere questo servizio operativo. Il tutor dovrebbe essere il consigliere, il “padre spirituale”, ma così non è.