L’Iran come non lo abbiamo ancora visto

Alle 18 di venerdì 22 dicembre, nella libreria Tertulia a Catania, si è svolta la presentazione dell’ultimo libro della scrittrice palermitana Marcella Croce, Oltre il chador. Iran in bianco e nero.

Cosa c’è dietro alle idee e ai pregiudizi che sempre di più oscurano l’immagine dell’Iran? Cosa c’è dietro ciò che è diventato un po’ il simbolo della condizione femminile anche in questo paese, il chador? Come si vive veramente in Iran?
Le risposte a queste e altre domande stanno proprio in questo libro-reportage, in cui l’autrice, semplicemente, nota e annota ciò che le si presenta davanti agli occhi, perché scrivendo “capisce meglio le cose che vede”.

Ad assistere Marcella Croce c’erano Maria Lombardo (La Sicilia) e Antonella Gurrieri (RAI).A fare compagnia a me, dall’altra parte della scena, c’erano solo il marito “dalla faccia iraniana” della scrittrice (pare che tutti lo scambiassero per uno di loro, in Iran) e altre due persone.

Prima dell’inizio della conferenza, l’autrice mi raccontava di come non sia stato facile pubblicare i suoi lavori. Né i precedenti, che trattano delle tradizioni popolari siciliane, fra cui troviamo anche un libro pubblicato in inglese, History on the Road – The Painted Carts of Sicily (Marcella Croce ha conseguito il Master e il Dottorato di ricerca in Letteratura Italiana presso la University of Wisconsin – Madison, USA, ndr), né quest’ultimo lavoro, nonostante l’Iran sia alquanto attuale ai giorni nostri.

Inizia a scrivere, e scrive tuttora anche se con meno costanza, per la Repubblica di Palermo, e le incertezze non le permettono di pubblicare un libro se non dopo svariati anni, nel 1999. Il suo viaggio in Iran non è nulla di premeditato. Semplicemente, Marcella Croce ha l’opportunità, grazie al ministero degli Affari Esteri, di scegliere una meta per svolgere il lavoro di lettrice di italiano. E lei sceglie proprio l’Iran, curiosa di vedere com’è davvero, di vedere se davvero è come tv e giornali molto spesso lo dipingono.

Durante i due anni che trascorre a Isfahan, Marcella Croce inizia a documentarsi, informarsi, studiare la situazione storica e culturale iraniana, e così inizia ad appuntare tutto ciò che vede, tutto ciò che scopre di questa realtà che, tra l’altro, si rivela simile proprio alla nostra Sicilia, con il suo amore per le grandi feste, il suo senso della socialità (che, nota la scrittrice, è addirittura più sentita che da noi).

Così, scrive 20 articoli per la Repubblica di Palermo. Dopo, decide che da ciò che scrive può venir fuori un libro. Un libro-reportage che parli della vita in Iran vista dall’interno, in immersione nella sua cultura, con la testa libera da qualunque pregiudizio preconfezionato (Marcella Croce non studia particolarmente la situazione dell’Iran se non quando già si trova lì, proprio per poterne cogliere le caratteristiche per quelle che sono veramente). Un “diario, una finestra sull’Iran che anche i ragazzini dovrebbero leggere, per rompere gli stereotipi che spesso si hanno su questo paese”, commenta Antonella Gurrieri.

Quando tutti i componenti della conferenza (7 in totale, quindi) sono finalmente arrivati, Maria Lombardo e Antonella Gurrieri danno il via alla discussione, spiegando le caratteristiche del libro e chiedendo all’autrice spiegazioni e impressioni.

Ciò che salta fuori dalla discussione è che l’Iran, oggi governato da una dittatura religiosa, “è un paese schizofrenico, dove è presente una grande varietà di personaggi. Dai laici che conducono una vita corretta quando sono fuori casa, ma che una volta dentro permettono alle loro mogli di non portare il velo e si concedono di guardare la tv satellitare (che trasmette programmi in farsi, la lingua parlata in Iran, direttamente dalla California), ai religiosi veri, che rispettano le regole perché ci credono, per finire con i religiosi opportunisti, che seguono le regole fino in fondo, quasi eccessivamente, solo per farsi vedere e per fare carriera. Anche se non ci credono”.

In Iran “tutto deve essere apparentemente ok”. Il velo, di cui il chador è un tipo particolare (copre tutto il corpo, ed è anche “difficile da indossare , scomodo”), non è obbligatorio. Ma meglio portarlo in determinate occasioni, tipo all’università, ed è doveroso portarlo per entrare nei santuari.

Non ha avuto problemi particolari, Marcella Croce, se non quello dell’adattamento. Non è andata incontro a pericoli se non quelli del cambiamento. Il vero problema, sottolinea la scrittrice, è che, “dopo il 2001, il fascino dell’oriente ha lasciato il posto al terrore nei confronti dell’oriente”.

Per cui, chiunque voglia recarsi in Iran, non troverà una situazione negativa, nè gente ostile agli occidentali. Anzi, agli iraniani l’Occidente piace. I ragazzi vogliono andar via dall’Iran e molti lo fanno, non prima di aver conseguito una buona istruzione, o giusto per conseguirla all’estero. Ma è qui che trovano problemi, perché se per i turisti che entrano in Iran ottenere il visto è qualcosa di fastidioso ma possibile, per gli iraniani è davvero una conquista ottenerlo fuori dal loro paese. E questo è dovuto esattamente ai pregiudizi e alle paure che, giorno dopo giorno, ci ritroviamo in testa, bombardati da immagini negative relative ai paesi islamici in generale. 

“Non è un paese pericoloso, a meno che qualcuno non ci vada a buttare le bombe”, scherza Marcella Croce, per dire che i turisti possono stare tranquilli. L’unico shock possibile è lo shock culturale dato dalla differenza delle convenzioni  e delle tradizioni. Ma a quelle ci si adatta rapidamente, basta far cadere il velo che spesso indossiamo sugli occhi quando si parla di paesi come l’Iran.


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