Lingue a Ragusa. Mauro: «Pronti a partire»

La notizia era partita proprio da lui, Giovanni Mauro, presidente del Consorzio universitario ibleo. «Si è chiesto con fermezza che la facoltà di Lingue sia dismessa a Catania ed abbia sede solo a Ragusa». Nel giro di poche ore sono partite indiscrezioni, voci sempre più insistenti, confermate poi dal Consiglio di Facoltà e dal preside Nunzio Famoso nell”intervista a Step1 di due giorni fa. Da piazza Università non si conferma né si smentisce nulla, anche se ieri si è tenuto un incontro tra il rettore Antonino Recca e i docenti “incardinati” a Ragusa. Per avere dunque una visione generale dei progetti sul quarto polo – che vedono inscindibile la spartizione Architettura-Siracusa e Lingue-Ragusa – bisogna rivolgersi ancora all’ex senatore Giovanni Mauro.

Innanzitutto vorremmo sapere se conferma la notizia che Lingue dal 2011 a Catania verrà chiusa per far posto ad una facoltà a Ragusa.
«C’è in atto un riordino del sistema universitario siciliano che prevede due università a rete, un’università metropolitana e una dello Stretto. La nascita del nuovo polo universitario è configurata per ridimensionare il numero di facoltà in eccesso e dirottarle verso il quarto polo per una razionalizzazione del sistema complessivo. Per quanto riguarda la facoltà di Lingue, questa era sorta con la previsione che avesse Ragusa come sede principale. Stiamo ragionando per un’ipotesi che preveda un ritorno nella città iblea, fermo restando che corsi di laurea possano trovare posto a Lettere».

L’attuale facoltà di Lingue di Catania verrebbe riassorbita da Lettere?
«Questa è un’ipotesi che si sta valutando, non è una certezza».

Perché proprio Lingue? Non risulta che ci sia un eccesso di offerta.
«Forse proprio perché storicamente non è incardinata a Catania. È una Facoltà che nacque pensando alla sede di Ragusa. Ci sono una programmazione territoriale, delle previsioni di specialità… come si è prevista Architettura su Siracusa, si pensa a Lingue su Ragusa. Ciò non toglie che corsi di laurea nello stesso settore si possano tenere ovunque ce ne sia la necessità».

Fermo restando che a Catania non ci dovrebbe essere una facoltà, ma solo dei corsi?
«Se si dovesse verificare questa ipotesi, così sarebbe».

Il preside Famoso, nell’intervista che ha rilasciato venerdì scorso, si chiedeva per quale motivo bisogna smantellare un’istituzione funzionante creandone una ex-novo.
«Non si tratta di creare qualcosa ex-novo, non viene smantellato nulla. Una facoltà ha tante prerogative, dall’offerta formativa ai servizi per gli studenti: non viene mai identificata per il luogo in cui si viene a trovare. Semplicemente, dal punto di vista logistico la sede della Facoltà sarà Ragusa con la possibilità di corsi di laurea a Catania. Se all’interno della facoltà di Lettere si vorranno fare uno o più corsi di laurea in lingue lo faremo con grandissimo spirito di collaborazione. Non deve esserci nessuna preoccupazione per gli studenti o i docenti».

Ci sono alcuni docenti che non hanno nascosto malumori e la Facoltà  ha approvato un documento in cui si dichiara contraria alla decisione. Avete fatto i conti con la possibilità che potrebbero essere pochi i professori di Catania che sceglieranno di non proseguire a Ragusa?
«Non capisco il malumore di quelli che già da ora sono incardinati a Ragusa e che in questi anni hanno garantito la didattica. Se si sentisse questa preoccupazione sarebbe allarmante».

La preoccupazione potrebbe nascere magari dall’assenza di strutture vitali per la ricerca, quali una biblioteca, laboratori…
«Abbiamo dei locali molto più belli dei Benedettini! E abbiamo un laboratorio linguistico con 80 postazioni e a Catania ce ne sono 16. Credo che questi dimostri che abbiamo garantito la qualità didattica maggiormente noi che Catania…». 

Tuttavia, la notizia non ha avuto conferma da parte del Rettore dell’Ateneo di Catania.
«Credo che il Rettore stia correttamente attendendo una programmazione più complessiva. Il progetto fa parte di una riorganizzazione regionale per la quale si esprime dal punto di vista accademico il Crus (Comitato regionale università siciliane), e da quello amministrativo il Ministero».

Si sa quando si avranno delle notizie certe?
«Entro il mese di maggio».

Che è anche il termine per la pubblicazione del manifesto degli studi. Una domanda è stata fatta da molti: in un periodo di crisi, con i tagli all’istruzione, la scure della 270 e gli atenei che si aggregano per aiutarsi, com’è possibile pensare alla fondazione di un nuovo ente come un’università? Servono finanziamenti.
«È invece una scelta finalmente opportuna. Nel 1861, nell’atto dell’unificazione nazionale, in Sicilia avevamo tre università pubbliche a fronte di 27 in tutta Italia. Oggi nel Paese ce ne sono una novantina a fronte delle stesse tre, Palermo, Messina e Catania. C’è un’esigenza reale della Sicilia di avere un’istituzione di tipo pubblico e non privata come quella di Enna. Se è nato il decentramento e se ha avuto tanti iscritti è perché si avvertiva questa esigenza. E non sarà una guerra tra poveri, tra studenti che dovranno viaggiare e altri che non si muoveranno, perché per tanti che dovranno spostarsi a Ragusa ce ne sono altrettanti – ragusani, siracusani, ennesi e agrigentini – che continueranno a fare all’inverso».

Si parla di non attuare il numero chiuso per “aiutare” questa nuova facoltà e il nuovo ente. Conferma?
«Sarà una questione che dovremo concertare con il Ministero».

Logisticamente avete pensato a come accogliere gli studenti che si riverserebbero nella città iblea? Parliamo di alloggi, laboratori, biblioteche, mense da approntare in meno di un anno e mezzo…
«Le mense sono attive, perché sono convenzionate anche con enti pubblici. Abbiamo pronti i locali dell’ex distretto militare e nel mese di giugno inaugureremo una nuovissima casa dello studente. C’è in corso un iter per dare il meglio dell’accoglienza che avevamo previsto non solo per Lingue, ma per qualsiasi facoltà dovesse sorgere. Siamo pronti logisticamente».

Gli studenti catanesi sono rimasti molto sorpresi dalla notizia e sono anche decisamente critici…
«Tra gli studenti catanesi ci sono anche siracusani, ragusani, calatini e di un’ampia fascia della Sicilia. Credo che è importante dove si studia, ma è importante anche la qualità della didattica. Penso di poter tranquillizzare tutti. Dal punto di vista logistico possiamo offrire quanto di meglio si possa dare: una cittadella antica ma funzionale come Ragusa Ibla. Dal punto di vista della qualità degli studi credo che ci si possa aspettare niente di meno di quello che finora abbiamo dato grazie al decentramento di Catania. Ci auguriamo che molti professori di Catania possano optare per proseguire l’insegnamento a Ragusa, ma se così non fosse indirremo dei concorsi nei quali selezioneremmo il meglio di quanto può offrire l’accademia italiana».

Per quanto riguarda il personale tecnico-amministrativo? Avete pensato a come riassorbire questi lavoratori?
«Queste sono procedure interne all’Ateneo, in accordo con il Ministero, che seguiranno un iter ben determinato che prescinde dalle volontà nostre».

Ultima domanda: giovedì 5 gli studenti hanno indetto un’assemblea per discutere della questione. Cosa direbbe ai ragazzi?
«Mi augurerei di essere invitato; come mi auguro di essere invitato in Consiglio di Facoltà di Lingue, ma mai mi è stata data l’opportunità dal preside Famoso».

Quindi si presenterebbe all’incontro?
«Con grande piacere e onore».


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