L’inchiesta sull’omicidio del pregiudicato Di Cavolo Sotto analisi i tabulati telefonici, sentiti i parenti

Un colpo di pistola alle spalle e delle pietre utilizzate per dargli il colpo di grazia. Emanuele Di Cavolo, pregiudicato 33enne originario di Paternò, potrebbe essere stato ferito in un luogo diverso rispetto a quello in cui è stato ritrovato il suo cadavere. Un angolo sperduto della provincia di Catania a cavallo tra i Comuni di Raddusa e Ramacca, nel Calatino. Ad avvertire le forze dell’ordine, nella mattinata di sabato, è stato un passante intento a transitare nei pressi di una galleria abbandonata vicino alla strada statale 288, a due passi dalla diga di Ogliastro. Sul luogo del delitto i carabinieri di Palagonia hanno trovato delle pietre sporche di sangue, che sono state sequestrate. Secondo alcune indiscrezioni l’omicidio sarebbe avvenuto al massimo qualche ora prima del ritrovamento del corpo.

La pista privilegiata in questo momento dagli inquirenti è quella di un possibile regolamento di conti. L’ambiente che viene monitorato dalle forze dell’ordine è quello della ricettazione e dei furti. Di Cavoiìlo vantava infatti alcuni precedenti penali in questo settore, e il suo ultimo arresto risale al 2014. In quell’occasione Di Cavolo venne catturato con alcuni complici dopo avere rubato una macchina, con l’obiettivo di smontarne il motore per rivenderlo a un cliente. 

Alcuni indizi sul delitto potrebbero arrivare dalle analisi dei tabulati telefonici. Utili per capire gli ultimi spostamenti e i contatti che il 33enne ha avuto prima di essere ucciso. A rendere difficili le indagini è anche la morfologia del luogo, in cui alle pale eoliche si alternano quasi esclusivamente terreni con piantagioni di frumento. L’unica eccezione sono pochi capannoni e aziende, dotate di video sorveglianza, proprio a ridosso della lingua di asfalto semidistrutto della strada statale 288, che conduce verso il luogo del ritrovamento. 

Da un primo e sommario esame Di Cavolo potrebbe essere stato raggiunto da un solo colpo. A chiarire il dubbio sarà l’autopsia, disposta dalla procura di Caltagirone. L’indagine, condotta dal magistrato Vincenzo Calvagno D’Achille, è stata affidata ai carabinieri del nucleo operativo di Catania. In queste ore sono stati convocati e ascoltati i familiari dell’uomo. Le loro dichiarazioni potrebbero chiarire perché Di Cavolo si trovava così lontano da Paternò. 


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