Subito dopo la diffusione della notizia da parte della polizia MeridioNews è andato nell'attività sequestrata in una rientranza di viale Bummacaro 9. Sul posto diversi residenti e il padre dei ragazzini denunciato per sfruttamento del lavoro minorile
Librino, il chiosco abusivo e il caso dei bambini banconisti «Era solo un ritrovo in un quartiere dove non esiste niente»
Guai a definirlo un chiosco abusivo. Quello sequestrato dalla polizia in una rientranza di viale Bummacaro 9 per tutti era semplicemente «un luogo di ritrovo per chi vive in un pezzo di Catania dove lo Stato non esiste ormai da troppo tempo». Lo ripetono in coro gli abitanti del quartiere, a due passi da uno dei pochi parchi urbani che spezzano la monotonia del continuo susseguirsi di palazzoni.
A Librino la notizia del sequestro da parte della polizia è rimbalzata rapidamente in ogni angolo della città satellite. I fenomeni di abusivismo non sono una novità, ma a destare maggiore scalpore è stata la foto di un bambino di dieci anni, allegata al comunicato inviato alla stampa dalle forze dell’ordine, che avrebbe gestito insieme al fratello di nove anni l’attività commerciale. Il padre e un fratello maggiorenne dei bimbi sono stati denunciati, ma la famiglia è accusata anche di vendita illegale di fuochi pirotecnici e dell’occupazione abusiva di un immobile di proprietà del Comune di Catania.
Del fatiscente chiosco, passato il blitz, resta solo lo scheletro. All’interno si lavora in modo frenetico per smontare tutto. Via i teli di plastica e il bancone, ricavato da un chiosco mobile personalizzato a forma di mela, via gli addobbi e le luci di Natale. Da fuori alcuni anziani assistono in silenzio alle operazioni di sgombero. Uno di loro, rompe gli indugi, e prova a spiegare il significato di quel manufatto. «Per noi era diventato un punto di riferimento – racconta – di pomeriggio ci davamo appuntamento per una giocata a carte o per bere un seltz limone e sale. Nient’altro. Se volevi una birra ti alzavi e potevi tranquillamente prenderla senza dare fastidio a nessuno».
Una sorta di attivismo popolare dal basso che però avrebbe avuto poche affinità con il rispetto delle regole, almeno secondo gli inquirenti. Il padre dei bambini, anche lui a lavoro per smontare l’attività, prova a chiarire il caso dei botti illegali. Stando alla sua versione si sarebbe trattato di una batteria di fuochi d’artificio, conservata all’interno per essere sparata durante un evento di famiglia. Forse il compleanno della moglie. Mentre i bambini, che secondo la polizia avrebbero acceso dei petardi durante il controllo, sarebbero stati in possesso soltanto dei cosiddetti cipollini. Dei mini petardi che provocano una scintilla quando vengono sbattuti sopra una superficie.
Ma cosa ci faceva uno dei bambini dietro il bancone? Secondo il genitore si sarebbe stato di un singolo momento. «Dicevo loro di stare fermi durante il controllo, ma uno dei miei figli è andato dietro il banco e ha preso un bicchiere d’acqua». La famiglia adesso si è affidata a un legale mentre il Comune, a quanto pare nei prossimi giorni, potrebbe effettuare un sopralluogo nell’immobile occupato. Uno dei tanti che a Librino passa ai privati senza nemmeno accorgersene.