«Non sono solo parole, sono strumenti di emancipazione». Da qualche giorno, all’interno della casa circondariale di piazza Lanza a Catania serve una mensola in più: quella dove sistemare i libri in lingua araba che sono stati donati da Un ponte per, una ong che da oltre trent’anni opera in Medio Oriente, Nord Africa e nei […]
Libri liberi per i detenuti di lingua araba nel carcere di Catania: «Strumenti di inclusione ed emancipazione»
«Non sono solo parole, sono strumenti di emancipazione». Da qualche giorno, all’interno della casa circondariale di piazza Lanza a Catania serve una mensola in più: quella dove sistemare i libri in lingua araba che sono stati donati da Un ponte per, una ong che da oltre trent’anni opera in Medio Oriente, Nord Africa e nei Balcani con programmi di cooperazione e solidarietà internazionale per promuovere pace e diritti umani e per prevenire nuovi conflitti. Quello del capoluogo etneo è il primo carcere siciliano in cui approda il progetto Kutub hurra «che letteralmente, dall’arabo, significa Libri liberi», spiega a MeridioNews Caterina Ballardini di Un ponte per che, insieme a Mohamed Ed-Daoudy, ha consegnato i primi cinquanta libri in arabo all’istituto penitenziario catanese dove i detenuti arabofoni sono circa una quarantina.
«Sono testi di poesia, di letteratura, di critica letteraria, di musica, diari di viaggio. Ci sono poi – racconta Ballardini al nostro giornale – anche dizionari e vocabolari». Volumi che troveranno posto nella biblioteca del carcere di piazza Lanza che, al momento, è in fase di risistemazione e che verranno catalogati in modo da essere facilmente presi in prestito dai detenuti. Libri che diventeranno anche strumenti di inclusione dei carcerati arabofoni tramite dei laboratori di lettura e di scrittura creativa che, a Catania, saranno organizzati poi dal centro Astalli e dal comitato popolare Antico corso. «È un progetto di cooperazione culturale che, da anni, portiamo avanti in diversi istituti penitenziari italiani – dice l’attivista di Un ponte per – dove i libri in lingua madre diventano non solo un mezzo per promuovere il dialogo culturale, ma anche uno strumento di attivazione per i detenuti arabofoni, che ancora troppo spesso non si sentono coinvolti né riconosciuti dalle attività proposte all’interno delle mura carcerarie».
Dopo questi primi cinquanta, l’organizzazione no profit si impegna a donare altri libri alla casa circondariale etnea e a coinvolgere nel progetto anche altre carceri della Sicilia dove i detenuti di lingua araba, al momento, non possono nemmeno leggere. «Avere a disposizione letture e letterature in arabo significa per i detenuti – sottolinea Ballardini – anche essere considerati nella propria interezza e dignità. È un punto di partenza necessario per qualsiasi loro percorso di inclusione e riabilitazione». Che prosegue poi con le attività laboratoriali. «Una parte fondamentale del progetto previsto nella convenzione che abbiamo firmato con l’amministrazione del carcere catanese – conclude – perché saranno laboratori davvero multiculturali».