L’escalation dei Paratore con l’aiuto del boss I legami degli imprenditori con Cosa nostra

Maxi-sequestro da cento milioni di euro per un esponente del clan Santapaola e Antonio Paratore e il figlio Carmelo, imprenditori impegnati nello smaltimento di rifiuti. L’operazione condotta dalla procura attraverso le unità specializzate della Direzione investigativa antimafia ha riguardato 14 società e sette immobili, compresi svariati rapporti finanziari. Il sequestro di oggi è scattato dopo gli esami degli investigatori sulla base delle intercettazioni ambientali e telefoniche e delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Santo La Causa, Gaetano D’Aquino e Salvatore Viola. I Paratore erano già stati coinvolti nell’ambito dell’operazione Piramidi, partito nel 2012 in cui si è fatto luce sullo sversamento illegale di rifiuti pericolosi e sui profitti che i due avrebbero tratto in attraverso un sistema illecito. Sempre nell’indagine Piramidi era emerso come i Paratore fossero stati legati al boss dei Santapaola Maurizio Zuccaro, per il quale agivano da prestanome.

Uno dei due imprenditori, da umile carpentiere, aveva allargato il suo raggio d’affari. Ed è stato proprio questo punto a insospettire gli inquirenti. I due imprenditori originari del Messinese, come riporta la procura, negli anni sono riusciti a «creare una vera e propria galassia di imprese, diversificando le attività di famiglia con società attive nei servizi di pulizia degli ospedali, nel settore immobiliare e nella gestione di uno stabilimento balneare sul litorale catanese». La vicinanza dei Paratore all’esponente dei Santapaola, secondo le investigazioni, emerge con certezza in occasione del battesimo della figlia del boss e in occasione di un matrimonio di un congiunto. Tale vicinanza, «conclamata dagli atti giudiziari», è stata ritenuta origine «dell’impressionante escalation imprenditoriale di padre e figlio» per far luce sul loro arricchimento così repentino. Le indagini patrimoniali coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia etnea hanno consentito di appurare che l’ascesa imprenditoriale della citata famiglia ha avuto una «formidabile impennata intorno alla fine degli anni Novanta e che gli investimenti compiuti in quegli anni risultano caratterizzati da massicce immissioni di capitali non giustificate dalla capacità economico-finanziaria che a quel tempo gli imprenditori possedevano».


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