A Palermo ci sono ancora dei castelletti che portavano l'acqua nelle case dall'epoca araba fino alle soglie del XX secolo. Testimonianze diffuse ma oggi abbandonate. Guarda le foto
Le torri d’acqua: antico sistema oggi dimenticato Ecco la mappa dei ruderi cittadini da preservare
Tra le vie di Palermo, con un po’ d’attenzione, sarà facile notare in corrispondenza della cinta muraria della città vecchia o altrimenti incastrate tra i palazzi dei nuovi quartieri residenziali, delle strane e alte strutture oggi per lo più ridotte a ruderi. Sono le torri d’acqua o castelletti, un sistema di smistamento dell’acqua sfruttato fino alle soglie del XX secolo a Palermo, città d’acqua fondata tra i fiumi Kemonia e Papireto ancora oggi udibili nel loro percorso sotto la pavimentazione del corso Alberto Amedeo. Un ingegnoso meccanismo messo a punto in epoca araba e che, si dice, potrebbe addirittura risalire all’antico insediamento romano. Oggi, dopo secoli, di quel patrimonio storico restano diverse tracce in città: obsolete nel loro utilizzo, ma da preservare.
Fino al 1885 l’acqua arrivava nelle case dei palermitani tramite questo ingegnoso sistema che sfruttava il principio dei vasi comunicanti spingendola, incanalata alla sorgente, in tubature d’argilla sotterranee (incatusati), poi raccolta nei cosiddetti ricettacoli magistrali e finalmente sollevata tramite le urne o castelletti con una pressione tale da raggiungere le diverse zone cittadine. I numerosissimi castelletti, oggi decadenti torrette di pietra avvolte da ferraglia, furono nei primi anni del ‘900, con l’avvento dello stile Liberty, ricostruiti e restaurati seguendo uno stile floreale. Furono poi dismessi quando si decise di utilizzare l’acqua proveniente dalla sorgente di Scillato, alle falde delle Madonie. I tubi in argilla e le giunture erano parecchio permeabili e subivano spesso infiltrazioni esterne. Le torrette secondarie, addossate alle pareti esterne degli edifici, creavano umidità.
La conservazione delle torrette d’acqua è oggi inesistente: i castelletti sono quasi tutti distrutti, rovinati e dimenticati, tanta gente non sa nemmeno cosa siano e non ne conosce l’antico utilizzo. Tra i più interessanti e visibili c’è quello di piazza Porta Montalto – vicino all’Ospedale dei bambini -, un’antica struttura posta al di sopra degli edifici. Troviamo resti di torri d’acqua anche a Porta Sant’Agata, delle quali si notano ancora oggi i tubi d’argilla che affiorano dalle mura del quartiere dell’Albergheria. Ci sono poi le torrette di piazza Ottavio Ziino: due e ben visibili, oggi incastonate tra moderni palazzi residenziali e antiche palazzine della borgata Malaspina, restano a testimoniare quando la zona era a esclusivo uso agricolo. In via Dante, nei pressi della via Filippo Parlatore è possibile vederne un’altra, chiaro segnale del maggiore utilizzo nel centro città.
E ancora in piazzetta Sette Fate, all’interno del mercato di Ballarò, se ne trova un’altra, in stile Liberty, tra le meglio conservate: la zona era quella delle vecchie mura cittadine del periodo medievale, non distante dall’oratorio di Santa Chiara. Nel corso Tukory è visibile, anche se in stato di degrado assoluto, una torre che doveva essere molto simile per stile e grandezza, quella di via Siciliano Villanueva nei pressi di via San Saverio. Altre due costruzioni si trovano alle spalle di piazza Indipendenza: le torri di piazza Cappuccini di fronte all’ingresso delle Catacombe e del corso Campofranco. Nel quartiere arabo della Kalsa, infine, un altro castelletto si trova nel cortile Giara a Santa Teresa, in buono stato e uno relativamente nuovo nei pressi di Porta Reale.