Le storie dei matti di Palermo nel libro di Alajmo «Le nuove visioni provengono dal deragliamento»

«Ho l’ossessione di raccontare i matti, di raccogliere le loro storie; alcuni di loro li frequento quotidianamente. Io per primo sono uno di loro». Definirsi pazzi va di moda, ma poi sono in pochi quelli davvero fuori dagli schemi. Uno di questi è certamente Roberto Alajmo: lo scrittore e drammaturgo palermitano torna nelle librerie con una nuova e aggiornata edizione di Repertorio dei pazzi della città di Palermo, pubblicata per la prima volta quasi quindici anni fa e riproposta oggi da Sellerio con alcuni racconti nuovi. L’opera, che raccoglie le storie dei personaggi più eccentrici della città, si configura come una raccolta potenzialmente in continua espansione. Lo scrittore palermitano racconta, a tal proposito, che seppure il libro sia sostanzialmente lo stesso, è risultata necessaria una revisione e un aggiornamento, dati dalla natura dei suoi protagonisti: i pazzi.

«I matti – dice l’autore – sono come i coralli, crescono su se stessi, restano identici ma si evolvono al contempo. Questa natura mutevole mi ha portato ad aggiornare più volte il libro». Dopo la prima pubblicazione alcuni di loro si sono, infatti, sposati o hanno avuto dei figli, sono mutati nel tempo, ma senza mai omologarsi. «In un periodo nel quale anche la pazzia è esposta al rischio dell’ omologazione, si pensi all’archetipo della gattàra, io sono sempre in cerca del tratto originale della follia – spiega lo scrittore –  Da questo punto di vista, i matti delle mie storie sono tutti ruspanti, allevati a terra, non sono omologati». Ma a rinnovarsi non sono solo le storie: con esse, si ingrossa anche la passione che Alajmo nutre nei confronti di quest’antropologia dell’assurdo e delle sue narrazioni. Ma da dove deriva questa ossessione? «Ciò che a me interessa è raccontare la divergenza, il deragliamento; perché è da lì che provengono le nuove visioni possibili del mondo».

I matti del repertorio marcano anche l’identità della città che li accoglie. «Palermo stessa è una città – continua lo scrittore – che propende ad accogliere l’eccentricità, perché è una città aperta al mondo, ventosa, di una ventosità che, come i matti, crea apertura e nervosismo al contempo». Per Alajmo, poi, anche le fila che formano il tessuto sociale palermitano contribuirebbero a fare di Palermo un buon contenitore di follia: «Manca una borghesia produttiva in città, moltissime persone non lavorano; sia i poveri che non trovano un’occupazione sia i ricchi che non vogliono lavorare si prestano benissimo alla follia».

Nella concezione di Alajmo, dunque, la follia porta con sé una forza creatrice e insieme distruttiva, di cui non si può fare a meno di parlare se ci si vuole porre nella prospettiva della conoscenza e del cambiamento. Non è solo il contenuto ad essere cambiato, ma anche il contenitore: «In uno dei miei libri, che uscirà nuovamente a marzo 2019 e che ho totalmente riscritto aggiornandolo, Palermo è una cipolla. Lo è anche oggi ma con uno strato in più. È una città in continuo divenire, bisogna però capire se questa trasformazione sia sostanza o soltanto apparenza».

Negli ultimi cinque anni, Alajmo ha accostato la sua attività di scrittore alla direzione del Teatro Biondo di Palermo, in seno al quale ha riscosso un ampio successo. Il suo mandato è in dirittura d’arrivo ma non nasconde di pensare a un bis. «Dirigere un teatro – afferma – è un grande privilegio, così come verificare il consenso della comunità che si crea intorno a esso. Sono, comunque, pronto a ricandidarmi».


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