«Dietro a tutto questo ci sono interessi forti che non vogliono che il mio progetto vada avanti. Già due volte è stato bloccato, quando ho cercato di coinvolgere le strutture pubbliche di Ragusa e Termini Imerese. Dopo l'ispezione dei Nas, si è verificato di nuovo, con Villa Sofia. Pochi giorni dopo viene pubblicato un progetto identico al mio»
Le intercettazioni, Tutino e la banca dei tessuti Parla Mirta Bajamonte, la moglie della “talpa”
«Quando ho capito che si parlava di me sono quasi caduta dalla sedia». Inizia così il racconto di Mirta Bajamonte, il cui nome da qualche giorno è sulle pagine della cronaca insieme a quello del marito Giuseppe Scaletta, l’ispettore della Digos attualmente indicato come “la talpa” di Matteo Tutino, l’ex primario dell’Unità operativa di Chirurgia plastica dell’ospedale Villa Sofia, e medico di fiducia del governatore Crocetta.
Mirta Bajamonte è embriologo clinico senior in procreazione medicalmente assistita. Professione che svolge da 24 anni oltre a essere dottore in ricerca presso la facoltà di Medicina e Chirurgia e presidente dell’ente no profit internazionale IVF Mediterranean Centre. Il Centro di infertilità del mediterraneo nasce nel settembre 2007 (il protocollo d’intesa fu firmato a Roma l’11 settembre di quell’anno), e coinvolge Italia, Algeria, Emirati Arabi uniti, Giordania, Grecia, Libia, Marocco, Tunisia e Turchia, con l’obiettivo di creare un network internazionale nell’ambito della clinica, della ricerca e della formazione PMA ovvero la procreazione medicalmente assistita. Nel 2013 Bajamonte tenta di aprire dei centri di PMA di I, II e III livello presso strutture pubbliche, prima a Termini Imerese e poi a Ragusa, due progetti bloccati dalla Regione in fase di istruttoria.
«Fino a quando non ho letto i nomi sui giornali lo scorso venerdì – dice a MeridioNews – pensavo che i riferimenti fossero al progetto RIMEDRI, quello che è stato presentato pubblicamente pochi giorni dopo quell’ispezione dei Nas a Villa Sofia che ha portato allo stop del mio progetto e all’annullamento del protocollo d’intesa firmato a seguito del decreto dell’assessorato regionale alla Sanità. Decreto che autorizzava l’istituzione della banca dei tessuti presso Villa Sofia, tenendo in considerazione proprio il mio progetto, cose queste verificabili dai documenti firmati da Giacomo Sampieri, commissario straordinario AOOR – Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti Villa Sofia – Cervello e in seguito da Lucia Borsellino».
«Ci sono documenti protocollati che dimostrano cronologicamente come sono andate le cose – continua la dottoressa Bajamonte –.Tutto il contrario di quanto è stato scritto sui giornali, che parlano di Tutino come di colui che avrebbe deciso di portare avanti per Villa Sofia un progetto di Pma e metterci dentro i suoi amici, me in questo caso, e il tutto con la collaborazione di mio marito, l’ispettore Scaletta, che ha fatto solo quello che aveva il dovere di fare: raccogliere la denuncia fatta da Matteo Tutino su quanto stava accadendo all’interno di Villa Sofia e che lo stava coinvolgendo in prima persona (Tutino ha più volte parlato di intimidazioni subite, di minacce subite sia da lui che dal primario di uroginecologia di Villa Sofia e di pressioni da parte dei Nas. Cose queste contenute anche in una lettera che ha inviato il 22 aprile 2014 al commissario straordinario Tozzo, a Lucia Borsellino, al presidente Crocetta, all’allora questore Maiorino, al dottor Egidio Di Giannantonio della Digos, ai pm Agueci e Battinieri, ndr)».
Sempre sui giornali si è letto fin ora che il progetto stava andando avanti in modo irregolare, senza bando pubblico e inserendo all’interno solo gli amici, e che per questo l’assessore Borsellino avrebbe bloccato tutto. «Le cose non stanno così – spiega Bajamonte -, prima di tutto perché il progetto di PMA, M.E.D. LIFE era ed è mio, e sono io che lo presento a Villa Sofia. Progetto per cui ho lavorato a titolo gratuito da settembre 2013 a marzo 2014 e che, su indicazione di Francesco Bongiorno, biologo, componente della segreteria di Lucia Borsellino e responsabile per l’assessorato delle politiche socio sanitarie per l’immigrazione di Ragusa, ho presentato al dottor Tutino, che conobbi in quell’occasione».
Secondo quanto riporta La Repubblica lo scorso venerdì, Bongiorno racconta ai carabinieri di avere conosciuto casualmente l’ispettore Scaletta. «Mi fu presentato da un suo amico poliziotto – dice – poi conobbi anche la compagna che mi propose un progetto per le coppie straniere». Bongiorno, si legge ancora sul quotidiano, dice ai carabinieri anche che Bajamonte gli faceva pressioni per il via libera alla banca dei tessuti.
Il racconto di Bajamonte segue una direzione diversa: «Il poliziotto che ci presentò era il compare d’anello di Bongiorno – precisa –. Venne a sapere da mio marito che presiedevo il gruppo internazionale dei paesi arabi nel Mediterraneo e, visto l’incarico ricoperto da Bongiorno, pensò di farci conoscere. Lo incontro e quasi subito si comincia a parlare di un polo PMA a Ragusa che si occupi anche delle donne immigrate, dalla ginecologia in generale alla PMA. Si ipotizza anche di farlo diventare il primo centro internazionale di tutta la Sicilia. Così, a fine maggio 2013 sono andata a Ragusa e lì mi mi sono vista proprio con Bongiorno, incontro in cui erano presenti Angelo Aliquò, commissario straordinario Asp Ragusa, Giuseppe Giudice, primario dell’ospedale di Ragusa, il responsabile del consultorio di Modica e Vittoria e un maresciallo dei Nas di Ragusa.
Ma, come detto, dopo Termini Imerese anche il progetto per Ragusa si è bloccato, ecco perché Bongiorno mi suggerisce di parlare con Villa Sofia e quindi con Tutino, perché lì si voleva realizzare una banca dei tessuti, progetto che poteva benissimo sposarsi con il mio, dal momento che, ormai da anni, i centri di PMA sono riconosciuti banche dei tessuti dal Ministero della Salute e dall’Istituto Superiore della Sanità. Un progetto, il mio – continua con orgoglio – com’è verificabile, imponente, per l’offerta di formazione, strutture, competenze e per il mio curriculum in un campo, quello della PMA, altamente specialistico e di elevatissime professionalità, che avrebbe permesso, avvalendosi dell’esperienza pluriennale del mio centro, di aprire centri in tutta la Regione e nei paesi del Mediterraneo.
Il 25 ottobre 2013 invio presentazione scritta del progetto a Tutino. Il 30 ottobre viene inviata al commissario straordinario Giacomo Sampieri, a firma Tutino e Biagio Adile (direttore uroginecologia di Villa Sofia, ndr) l’istanza ufficiale per l’attivazione di una banca dei tessuti e P.M.A. a completamento “dell’Unità operativa complessa di chirurgia plastica ricostruttiva e maxillofacciale e di quella di uroginecologia”. Il giorno seguente Sampieri invia raccomandata (protocollo n. 0032696/17) all’assessorato alla Salute e al dirigente generale del dipartimento per la Pianificazione strategica, Salvatore Sammartano, con richiesta di attivazione della banca dei tessuti “In un’ottica di sviluppo dei protocolli clinici, di ricerca e di formazione professionale sia nel territorio locale che nell’ambito della rete internazionale delle 15 nazioni che hanno aderito all’IVF Mediterranean Centre (della Bajamonte, ndr)”.
A questo punto, sempre carte alla mano, segue la pubblicazione del decreto assessoriale “Istituzione banca dei tessuti presso l’AOR Villa Sofia-Cervello”. E’ il 21 gennaio 2014. Nell’atto si fa riferimento alla raccomandata di Sampieri all’assessorato alla Sanità e al dipartimento, in cui si parla del progetto di Mirta Bajamonte (protocollo 0032696/17).
Successivamente al decreto avviene la firma del protocollo d’intesa tra Villa Sofia e l’IVF Mediterranean Centre . «Quel giorno, era il 23 gennaio 2014, erano presenti Tutino, Sampieri, il direttore amministrativo di Villa Sofia- Cervello, Pietro Genovese, Giovanni Migliore (in quel momento non ancora direttore generale del Civico) – racconta ancora Bajamonte -. Fino a marzo 2014 si è lavorato a stretto contatto con la dottoressa Murè dell’ufficio di gabinetto dell’assessore Borsellino, con Bongiorno, con tutto lo staff direttivo e tecnico della direzione generale di Villa Sofia. Un progetto di cui parlo, avendone occasione, anche con l’avvocato dello Stato Dell’Aira, al quale chiedo un parere proprio sul percorso di partenariato tra Villa Sofia e il mio centro. La sua valutazione è assolutamente positiva e mi viene anche consigliato di chiedere formalmente un parere all’ufficio dell’avvocatura dello Stato, così da poterlo ufficializzare. Informo di questo Sampieri che mi assicura di avere inoltrato richiesta alla Borsellino.
Nei giorni successivi a Villa Sofia c’è un’ispezione dei Nas, che portano via tutto comprese le carte riguardanti il mio progetto. Vengo convocata in procura alla presenza del pm Battinieri per “sommarie informazioni” sulla vicenda relativa alla nomina di Tutino da parte di Sampieri. Nella stessa occasione però mi vengono poste moltissime domande sul mio progetto di banca dei tessuti – PMA. Il 4 giugno 2014 una delibera dell’assessore Borsellino annulla il protocollo d’intesa tra Villa Sofia e il mio centro mediterraneo.
Pochi giorni dopo – prosegue – sui giornali esce la notizia di un progetto di medicina rigenerativa: RIMEDRI (rete regionale integrata Clinico-biologica per medicina rigenerativa), finanziato dall’assessorato alle Attività produttive, con fondi comunitari FESR. Basta metterlo a confronto con il mio per rendersi conto che è identico».
Sarà Linda Vancheri, che appena tre giorni fa ha dato le dimissioni da assessore regionale alle Attività produttive, a presentarlo ai giornali nel marzo 2014, insieme all’assessore Borsellino. Spiega alla stampa che si tratta di un neonato Network con capofila l’azienda ospedali riuniti Villa Sofia-Cervello di Palermo; gli altri partner sono: i laboratori Campisi di Avola, l’Asp 7 di Ragusa (la stessa che aveva cercato di coinvolgere Bajamonte in uno dei suoi primi tentativi di partnership con strutture pubbliche, ndr), l’Istituto oncologico Mediterraneo e la casa di cura Candela di cui è presidente Barbara Cittadini (nonché presidente dell’AIOP, Associazione italiana ospedalità privata, ndr). A capo di questo progetto c’è Aurelio Di Maggio, direttore del dipartimento di Ematologia oncologica di Villa Sofia-Cervello.
«In che modo questi partner sono stati inclusi nel progetto Rimedri? – chiede Bajamonte – A me non risulta alcun bando in tal senso e quando è stato chiesto di visionarlo non mi è stato fornito. Anche l’allora commissario straordinario Sampieri ha confermato che non esiste un bando per Rimedri. Inoltre il progetto in questione non è ancora partito nonostante sia già stato finanziato e lo scorso maggio so che è stata fatta richiesta di altri fondi alla comunità europea.
A supporto di tutto quel che vi racconto ci sono due lettere, una inviata alla presidente della Commissione Antimafia, Rosi Bindi e una al presidente della regione Crocetta del 6 luglio 2014, cui non è seguita alcuna risposta. Documenti che ha in mano anche l’associazione professionisti Liberi che fa capo a Libero Futuro».
Nelle intercettazioni pubblicate nei giorni scorsi da La Repubblica emerge un passaggio in cui Tutino dice a Crocetta «Ho incontrato Sammartano (ex direttore generale assessorato sanità, ndr), mi chiede del progetto della banca dei tessuti, perché ho capito che sta facendo gola a molti”, e che il dirigente voleva “inserire un gruppo dell’Emilia Romagna. Io mi sono insospettito, so che sono gruppi dell’estero, legati a Cittadini, io domani mattina vorrei capire… mi presento in assessorato, che imbrogli ci sono dietro…».