Le grandi sculture di Johnny l’Americano

Nella primavera scorsa mi trovavo a Roma diretta a Castel Sant’Angelo, dove in passato incontravo alcuni colleghi che lavoravano per Rai Due notte, diretto dall’arcibravo Gabriele La Porta. In largo Giovanni XXIII restai sorpresa nel vedere esposti diciotto pannelli di 90 metri quadrati di marmo resina ciascuno; ogni pannello misurava due metri di altezza per due metri e mezzo di larghezza. Le opere rappresentavano i personaggi dell’inferno dantesco e le pene che li dilaniavano. Ricordo che quel giorno veniva esposta l’Inferno di Dante Alighieri, un’opera unica al mondo dedicata alla Cantica più famosa di nostro grande poeta, che si snodava in un lungo nastro bianco di 90 metri quadri su cui scorrevano i 24 canti di Dante Alighieri.
Il luogo era affollatissimo, gremito anche da turisti stranieri. Davanti ai pannelli, come un cicerone che accompagna i turisti illustrando la città, vidi un personaggio singolarissimo che mi fece pensare a Robert De Niro che recita in un film con accento da italo americani. Di portamento eretto, Ray Ban chiari di vecchio tipo e larghi, con un codino raccolto all’indietro, questo singolare personaggio parlava in americano con al dito mignolo un anello, ma non un anello mafioso o ndranghetoso, ma un anello arabescato. Capelli neri, forte e corpulento, si esprimeva sull’opera in modo deciso, illustrandola quasi fosse un napoletano, accompagnando le parole con i gesti.
Andai via ma l’opera mi colpì molto favorevolmente, così come mi colpì lo stesso cicerone. Da un comunicato stampa scopro oggi che la stessa opera è stata esposta all’estero e che viene presentata per la seconda volta in Cina con esposizione al Museum of Art di Ningbo, assieme a 6 splendide sculture in bronzi, per poi partire ancora in un tour espositivo nel mondo, da Johannesburg a Bruxelles, dal Giappone al Brasile. L’opera è stata esposta gratuitamente a Roma presso la “Galleria Tartaglia Arte”. La mostra in Cina sarà patrocinata da “Roma Capitale” ed organizzata da “Roma Uno”, “Galleria Tartaglia Arte” e dalla “Associazione Culturale Italo Cinese Fucina”.
L’opera in oggetto è stata esposta al pubblico per la prima volta nel 1995 presso la Sala Brunelleschi del Palazzo degli Innocenti a Firenze. In realtà, il cicerone che illustrava l’opera era l’autore, il Maestro Benedetto Robazza, che la realizzò in oltre cinque anni di lavoro. Robazza è uno scultore e pittore italiano che vive tra Roma e New York. La sua storia è sofferta e singolare, perché vede il padre deportato dai tedeschi durante la Seconda Guerra mondiale e che muore in un tentativo di fuga. Nel 1941 muore anche il fratello minore di meningite fulminante. Benedetto vive di espedienti, a Trastevere, dove abita con la madre. Frequenta gli americani alleati, parla un po’ la loro lingua, al punto di venir soprannominato “Johnny l’Americano”.
Senza titoli di studio, nel 1952 si arruola in marina per cercare un futuro. Diviene sottufficiale e pugile dilettante e, nei campionati italiani di Bari, nel 1955, si classifica tra i primi posti.
Nel 1956 torna a casa e fa i primi ritratti. Parte poi per il Belgio dove lavora seguendo corsi di gemmologia. L’esito positivo degli affari lo spinge a tornare a Roma per crearsi una famiglia e dedicarsi completamente all’arte. E’, di fondo, uno scultore che non disdegna la pittura. Suo il bassorilievo in bronzo per Aldo Moro, la Cattedrale di Santa Maria Assunta in Altamura, Papa Karol Woytila, Alcide De Gasperi, il Cancelliere tedesco Franz Josef Strauss. Altri bronzi sono quelli della regina thailandese, Sirikit, e di Re Bhumibol. Per le vittime del terrorismo, sia civili che militari, realizza il monumento della Madonna della Pace in viale Mazzini, a Roma, nonché il monumento ai caduti d’oltremare per il Sacrario di Bari. Realizza anhe il bronzo in onore del Presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan, opera poi affidata alla Casa Bianca e posta nella Sala Roosevelt. Un suo monumento a Rodolfo Valentino viene ospitato nel National Park di Los Angeles.
Il suo amore per Roma lo porta a realizzare bassorilievi delle piazze più belle della città. La fede e la riflessione religiosa gli ispirano diversissime opere di tematica sacra, tra cui il volto di Cristo. Opere uniche che sono una sintesi della forza espressiva di questo artista poliedrico che ha conquistato le platee mondiali con la sua arte e la sua personalità.
Ningbo è una delle città più antiche della Cina, con una storia che risale al 4800 a.C. nel periodo neolitico riferito alla cultura di Hemudu. Ningbo era nota, almeno 2000 anni fa, come città commerciale sulla via della seta. Mi ricorderò sempre del Maestro Robazza, quasi illustrasse una sua opera e dicendo ad ampi gesti per riferirsi alla sua bravura: “Caron, non ti crucciare, vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole e più non dimandare…”.

 

Rosaria Palladino

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