Le bon élève: l’Africa ha fame a causa di problemi politici

Molti studenti di diverse facoltà (lettere, lingue, medicina) e numerosi cittadini comuni hanno riempito la sala “Il Coro di Notte”, nuova perla appena restaurata dell’ex Monastero dei Benedettini, ben disposti a confrontarsi in merito al rapporto tra Occidente e continente nero stimolati dalla proiezione del film-documentario “Le Bon élève: le Mali et nous” e invogliati al dibattito dalla pungente loquacità dell’ospite della serata Ugo Mattei, uno degli ideatori della pellicola e docente di diritto nelle Università di Torino e Berkeley.

 

Insieme a lui, il prof. Luciano Nigro, della facoltà di Medicina di Catania, che ha illustrato subito alcuni dati statistici allarmanti: in Africa nei primi anni del secondo millennio muoiono più bambini di quanti ne morivano negli anni 70. L’Africa ha fame a causa di ragioni politiche: il mondo in cui viviamo potrebbe produrre il doppio dei bisogni nutritivi della popolazione terrestre, ma il sistema non lo permette, il sistema mondiale ha bisogno che l’Africa muoia ogni giorno per fame. Tutto il documentario è permeato da questa forte denuncia: è una critica alla costruzione della superiorità occidentale, portata avanti attraverso l’analisi particolare della situazione del Mali, paese dell’Africa nord-occidentale.

 

Qui i finanziamenti del G8, della Comunità Europea e gli interventi di organizzazioni internazionali come la U.S. AID che dovrebbe svolgere il ruolo di mediatrice con le ONG locali, hanno sviluppato due tipi di percorsi verso lo sviluppo, due tipi di aggiustamento della società maliana sul modello del capitalismo occidentale: un aggiustamento strutturale, che passa per l’introduzione dell’agricoltura tecnologica, delle semenze selezionate, protagoniste della “rivoluzione verde”, che, tuttavia, a lungo termine si sono rivelate un enorme danno per l’agricoltura africana, sempre più dipendente da prodotti esterni e dalla volubilità dei mercati internazionali. A ciò si è aggiunta una forte tendenza alle privatizzazioni: nelle ferrovie, nell’energia, che ha tagliato fuori i centri minori del paese rovinandone la tradizione economica.

 

Il secondo è un tipo di aggiustamento culturale. Ed è proprio su questo punto che Ugo Mattei incalza la platea. L’arrogante superiorità, insita nell’inconscio di tutti gli occidentali, mira ogni giorno a destrutturare un’Africa fondata sulla comunità, sulla partecipazione collettiva, sulla famiglia allargata in cui gli anziani sono riveriti perché portatori di memoria, in cambio di un individualismo capitalista necessario all’avvento di un nuovo sistema economico e all’ingresso del capitale internazionale.

 

“Se non si compie un’inversione culturale nel modo di guardare l’altro non si può comprenderlo, né minimamente aiutarlo” afferma il nostro ospite. Sulla base di questo principio continua nell’analisi di un altro problema scottante: l’escissione femminile, la mutilazione genitale che colpisce molte bambine, le cui diverse pratiche, secondo Mattei, non possono essere generalizzate e, di conseguenza, strumentalizzate al fine di rendere gli africani un popolo barbaro ai nostri occhi di occidentali. Al contrario, anche l’escissione andrebbe considerata all’interno di un contesto culturale diverso. Solo così si scoprirebbe che non è un’imposizione del mondo maschile, ma una pratica prettamente interna ai gruppi femminili che non pregiudica il piacere sessuale della donna.

 

Il dibattito diventa più caldo, perché questa volta l’uditorio (composto in maggioranza da donne), lontano da discorsi di tipo economico, fa fatica ad attuare l’invocata inversione culturale.

Le bon élève è l’allievo modello. È il Mali, dove solo il 20% della popolazione ha votato alle ultime elezioni, in cui un terzo dei voti è stato poi annullato, e che tuttavia è considerato un esempio compiuto di democrazia formale agli occhi delle organizzazioni internazionali, che continuano ad ignorare o, peggio, a corrompere la vera politica partecipata dei villaggi.

 

Le bon élève è l’immagine simbolo di questo incontro, quella di un bambino maliano affetto da congiuntivite, con gli occhi coperti da mosche, che, inconsapevolmente fiero, veste una camicia sponsorizzata da una banca americana, la Federal Reserve System, uno degli sponsor ufficiali della distruzione di un’antica cultura.


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