Antonella Purpura, docente di storia dell'arte e direttrice della GAM di Palermo, racconta come e perché una realtà comunale può e deve funzionare con il sostegno delle professionalità dei privati. «Se altri arrancano è perché sono costretti senza speranza nelle sabbie mobili di un'organizzazione regionale farraginosa»
L’autonomia della Galleria d’Arte Moderna Purpura: «A chi servono i Beni culturali?»
La Galleria d’Arte moderna di Palermo è un complesso museale composto dai due edifici di palazzo Bonet e dell’ex convento della chiesa di Sant’Anna. Si inserisce in un contesto di istituzioni comunali che hanno suscitato non poche polemiche relative alla gestione dei servizi aggiuntivi, oggi condivisa con la realtà privata di Civita Sicilia e da un comitato civico formato ad hoc per l’occasione dall’associazione temporanea d’imprese composta da, tra gli altri, Ars Mediterranea, Gambero Rosso Holding, Le Onde onlus e Arciragazzi Sicilia.
Antonella Purpura, direttrice della GAM, riconosce il valore di un investimento sano che per una volta si è tradotto in qualcosa di concreto e intellettualmente onesto. «Tutto è andato a buon fine. Dieci anni fa sono state aperte le porte della GAM e non sono mai state chiuse. Non abbiamo mai disilluso le aspettative di chi crede nelle istituzioni. Ogni giorno rendiamo questo posto una realtà viva concretizzando le dinamiche che fanno di un museo non solo un luogo di conservazione e esposizione ma sfruttiamo soprattutto la funzione educativa e propositiva di laboratori, eventi e servizi mussali aggiuntivi».
Tra le strategie vincenti che fanno della GAM la dimostrazione reale di come un polo museale pubblico possa funzionare c’è stata l’idea di affidare i servizi aggiuntivi ai privati e di pianificare mostre di arte contemporanea: nei primi giorni di aprile il fotografo Davide Bramante occuperà gli spazi della Galleriacon il progetto Nove e successivamente il ciclo di mostre Under 40, di cui protagonisti sono giovani artisti contemporanei che daranno vita a nuove opere ispirate alla collezione permanente della GAM. «L’ottica è quella di non escludere l’arte contemporanea dalla Galleria d’Arte Moderna e di farla conoscere al cittadino che ne reputa ostica la comprensione e pertanto la considera estranea, lontana. «ciò rientra nell’idea di museo partecipato – spiega Antonella Purpura – Attraverso la didattica e gli eventi impediamo che la collezione diventi statica. In questo modo creiamo occasioni di interesse e di ritorno sia per lo zoccolo duro di fruitori sia per i neofiti, così che questo sia un luogo di incontro non solo per l’amante dell’arte, lo studioso e il turista ma, soprattutto, un luogo accessibile alle fasce sociali di norma escluse».
A differenza di chi abita altre realtà museali regionali il personale di sala della GAM è «motivato e orgoglioso di appartenere alla squadra. Questa banalità fa la differenza, insieme ad un senso corale di responsabilità. Nel 2006 abbiamo stabilito quali dovessero essere gli orari di apertura secondo le esigenze del territorio e non sono mai stati cambiati, né ovviamente, ci sono state chiusure immotivate o impreviste. Se palazzo Abatellis e il Museo d’Arte contemporanea di Palazzo Riso arrancano è perché sono costretti senza speranza nelle sabbie mobili di una organizzazione regionale farraginosa. La GAM è un ente locale privilegiato dall’autonomia».
L’appello della direttrice Purpura agli operatori del settore dei Beni Culturali è quello di smettere di pianificare operazioni senza portarle mai avanti e iniziare ad agire puntando il dito verso chi vede nella Galleria d’Arte moderna una realtà straordinaria, «è il primo errore, la Gam non va considerata come un’eccellenza, deve essere la normalità. Il nostro operato non va encomiato come se fosse straordinario ma, come facciamo noi, tenere presente che si può e si deve far meglio».