L’America in cerca di eroi

Titolo originale:  Cinderella man
Nazione:  U.S.A.
Anno:  2005
Genere:  Drammatico
Durata:  144′
Regia:  Ron Howard
Sito ufficialewww.cinderellamanmovie.com
Sito italianowww.cinderellaman-ilfilm.it
Cast:  Russell Crowe, Renée Zellweger, Connor Price
Produzione:  Universal Pictures, Miramax Films, Imagine Entertainment, Parkway Productions
Distribuzione:  Buena Vista
Data di uscita:  Venezia 2005 09 Settembre 2005 (cinema)

“Beati quei popoli che non hanno bisogno di eroi”, lo aveva scritto Bertolt Brecht pensando alla sua Germania. Ma quelli erano tempi terribili. Nei quali – nel Terzo Reich, come nell’Italia mussoliniana – la costruzione di eroi artificiali era un fatto abominevole, uno strumento per predisporre gli animi ai lutti e alle miserie della guerra. Altri eroi, gli “eroi del lavoro”,  servirono invece a legittimare i turni di dodici ore nelle miniere, il colossale sforzo di industrializzazione di un Paese arretrato come l’Unione Sovietica. In questo “glorioso” contesto, gli eroi americani non somigliarono mai allo stereotipo razziale-nazionale dell’uomo nuovo fascista, né a quello sovietico. Furono la santificazione dell’uomo capace di farsi da sé, della bontà d’animo alla Frank Capra, del culto della famiglia, della fedeltà ai valori democratici, del coraggio individuale; sempre e comunque buoni, onesti e virtuosi, dei santi.

Perciò un film come “Cinderella Man” potrebbe spezzarvi il naso. Perché la biografia del grande pugile James J. Braddock, che Howard-Crowe hanno portato sullo schermo sfidando il Jake La Motta di Scorsese-De Niro (“Toro scatenato”), è la costruzione di un eroe a tutto tondo. Si tratta di una storia di fede: fede nella famiglia, fede in una moglie fedele, fede negli amici, fede nella virtù educatrice della povertà, fede in sé stessi soprattutto. In questo universo di buoni sentimenti non c’è neppure un cattivo che non sia un’alieno, un mostro disumano. Montagne di muscoli e carne da demolire con tutta la forza che hai dentro, per guadagnarti l’abbraccio della moglie e dei figli e un mucchietto di dollari.

Se ci fermiamo alla trama, ai personaggi, non c’è dubbio che tutto ciò può risultare irritante. Ma di mezzo c’è il cinema. E Ron Howard ha fatto il miracolo di far rivivere il grande cinema americano “classico”, quello che ti tiene immerso dentro lo schermo per più di due ore, che sa manipolare a perfezione le tue emozioni, che ti sorprende per la semplicità delle inquadrature, l’eccellenza degli attori, la maestria del montaggio. Così resti incatenato alla poltrona seguendo una dopo l’altra le sfide contro la schiera di incredibili Hulk che Braddock-Crowe è costretto ad affrontare, fino al duello finale contro Max Baer, magnifica caratterizzazione di un dandy-assassino. Ed è stupefacente come questo film riesca a “tenere” anche se non c’è mai un minimo di suspense. Perché senti immediatamente, fin dall’inizio, che le cose potranno soltanto andare meglio di come vanno, e che Lui, l’eroe dei disperati, avrà la meglio.

Howard è stato attentissimo a costruire una leggenda buona per tutti, senza lasciarsi coinvolgere troppo da temi politici e razziali. Ma occorre dargli dato atto che la sua America degli anni della grande crisi, coi poveri che si organizzano per tutelarsi da soli, senza enfasi per le riforme di Roosevelt, senza censure nei confronti delle sommosse, senza omissioni sulla violenza della repressione, è assai più onesta di molte altre rappresentazioni.

Poiché il premio Oscar è la consacrazione del cinema americano, “Cinderella Man” li merita tutti e dieci. E merita che corriate immediatamente a vederlo. Usatelo, se volete, come un test per misurare lo stato dei vostri sentimenti nei confronti dell’America in relazione al vostro amore per il cinema. Perché se il vostro amore per il grande cinema è più forte delle vostre riserve nei confronti del mito americano, alla fine della storia vi ritroverete col cuore palpitante e gli occhi umidi (come è successo a chi scrive). Fate in fretta ad asciugarveli, prima che si riaccendano le luci.


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