Lo scorso luglio la Corte d'Appello di Messina aveva ribaltato la sentenza di primo grado, non riconoscendo colpevoli i primi cittadini della città dello Stretto e di Scaletta Zanclea. «Gli accertamenti sugli orari in cui venivano avvertiti escludono che potessero intervenire, ordinando l’evacuazione della popolazione»
L’alluvione di Giampilieri, motivi delle assoluzioni «I sindaci hanno saputo tardi quanto accadeva»
«Non pare possa addebitarsi ai sindaci di non aver dato attuazione per l’emergenza ai piani di Protezione civile in vigore nei due Comuni, che, in realtà, nulla prevedevano per simili fenomeni e che, comunque, si palesavano come del tutto generici rispetto alla pianificazione delle attività operative conseguenti ad ognuna delle fasi di allerta previste». È uno stralcio delle 154 pagine delle motivazioni della sentenza che lo scorso 19 luglio è stata pronunciata dalla Corte d’Appello di Messina che ha assolto «perché il fatto non sussiste» gli ex sindaci di Messina e di Scaletta Zanclea, Giuseppe Buzzanca e Mario Briguglio per l’alluvione del 2009 che causò la morte di 37 persone.
Una sentenza che con un colpo di spugna ha cancellato la decisione di primo grado che invece aveva visto la condanna dei due ex primi cittadini a 6 anni per omicidio colposo plurimo. E mentre gli avvocati dei familiari delle vittime, parte civile nel processo, ai quali sono state revocate anche le statuizioni civili, hanno già annunciato che ricorreranno in Corte di Cassazione, il deposito delle motivazioni consente di chiarire il perché la Corte d’Appello sia arrivata a ribaltare la condanna di primo grado.
A cominciare dal fatto che viene presa in considerazione dai magistrati il nodo sui tempi in cui è stato segnalato ai sindaci che la piovosità nelle zone colpite dall’alluvione avesse raggiunto livelli preoccupanti. Si evidenzia, ed è questo il principale motivo dell’assoluzione, che «gli accertamenti sugli orari in cui i sindaci venivano avvertiti circa quanto stava accadendo nelle zone del territorio colpite dal disastro, escludono che essi potessero intervenire, ordinando l’allertamento e l’evacuazione della popolazione». Come evincono i magistrati, i primi cittadini «apprendevano dei fatti che stavano accadendo quando erano già in corso le colate detritiche o, addirittura, quando la tragedia si era già consumata». Ovvero quando era già troppo tardi. In particolare Buzzanca viene avvertito tra le 19 e le 19,20, «evidentemente troppo tardi per potere disporre alcunché». Briguglio viene avvisato telefonicamente di quanto stava accadendo nel suo paese non prima delle 19,15.
La Corte d’Appello concorda con i motivi dell’assoluzione in primo grado dei tecnici della protezione civile, perché da un lato è vero che «non potevano trattare l’avviso di criticità meteo burocraticamente, limitandosi a protocollarlo e semplicemente attendendo l’evolversi dei fenomeni», ma per altro verso «la circostanza che non fossero stati previsti i piani di emergenza per le zone comunali a rischio e in particolare, per le zone di rischio evidenziate dall’alluvione del 2007 (l’obbligo per i Comuni di dotarsene è scattato solo dopo la tragedia di Giampilieri ndr), di fatto, a prescindere dalla natura allarmante o meno dell’avviso, avrebbe consentito loro soluzioni estemporanee, scoordinate e probabilmente inutili, che potevano apparire azzardate in relazione allo specifico tenore, assolutamente generico di quell’avviso del 30 settembre 2009». Previsione che parlava di «precipitazioni sparse, anche a carattere di rovescio o temporale, localmente di forte intensità, con quantitativi cumulati puntualmente moderati». Indicava quindi un rischio idrogeologico corrispondente a criticità ordinaria, con «una rassicurante colorazione verde di tutto il territorio siciliano, corrispondente alla preallerta».