Cinque titoli di campione regionale assoluto nella velocità in salita, l'alloro di campione italiano per il gruppo E2SS. Eppure la voglia di corse del santantonese è sempre viva. Una passione immensa con un segreto: «Dedico a questo sport ogni momento libero»
La vita di corsa del campione siciliano delle cronoscalate Domenico Cubeda: «A 46 anni ho ancora grandi ambizioni»
«Sono nato l’11 maggio 1973 a Catania e in pratica, quel giorno, è nata pure la mia passione per i motori. Perché potrei dire di vivere in mezzo alle auto e di sentirne il richiamo da sempre». Basta l’incipit della biografia sul sito ufficiale per capire come l’amore per le corse abbia accompagnato da sempre il santantonese Domenico Cubeda. Una vita scandita dal rombo dei motori e circondato da autoveicoli. Sul lavoro, grazie all’impresa di autodemolizioni creata dal padre: in pista, prima con i kart (dalla fine degli anni Ottanta alla prima metà dei 2000), poi da quasi dieci anni nelle cronoscalate. Il tutto condito da talento e applicazione fuori dal comune: quelle che permettono a Cubeda di confrontarsi (e vincere) con ragazzi alle volte più giovani di vent’anni.
La medaglia d’argento ottenuta nella Coppa della Nazioni al FIA Hill Climb Masters, è un risultato di gran prestigio. Così come il campionato italiano del Gruppo E2SS, ottenuto nel 2018: «È la Formula Uno delle cronoscalate. Il prossimo anno – conferma Cubeda a MeridioNews – l’ambizione è quella di migliorare ancora: partirò infatti col vantaggio di conoscere meglio molti percorsi». Scorgendo l’albo d’oro dei suoi successi, quello che salta all’occhio è una crescita costante negli anni: come un vino buono che, col passare del tempo, ha un sapore sempre più gradevole. Nel 2018, oltre al quinto titolo di campione siciliano assoluto velocità in salita, si è infatti aggiudicato il Trofeo Italiano Velocità Montagna Sud, la 34esima Coppa Val d’Anapo Sortino, la celebre scalata Giarre-Montesalice-Milo, la salita dei Monti Iblei e l’ottava edizione della salita Morano Campotenese.
Qual è il segreto di un palmares così ricco? «Molta forza di volontà – sottolinea Cubeda – assieme a una passione intatta negli anni. Nei miei pensieri, oggi, accanto al lavoro c’è sempre spazio per lo sport. Lo vivo continuamente: trovo sempre un momento per coltivarlo, che si tratti di un consiglio meccanico o di un documento da mettere in valigia». Mantenere un’adeguata forma fisica, poi, richiede sacrifici: «Mi alleno nei ritagli di tempo tra famiglia e lavoro. Faccio due-tre sessioni settimanali in palestra – conferma il pilota – e lavoro sull’aerobica. Tutta una questione di equilibrio mentale: cerco di mantenere il peso e faccio attenzione a tavola. Con alcuni miei colleghi – sorride Cubeda – ho venti anni e venti chili di differenza: sono di natura un po’ robusto. Ma questo non mi pesa: ho le stesse sensazioni di quando ero un ragazzo».
Fare sport anche motoristico ad alto livello, in Sicilia, non è mai semplice. «Questo è un problema, abbiamo poche risorse rispetto al nord Italia. I semplici spostamenti per un test diventano più difficoltosi rispetto ai rivali che – ricorda Cubeda – hanno tutto a portata di mano. Anche reperire sponsorizzazioni spesso è complicato: tutto, nella Cubeda Corse, parte dal mio lavoro, compresi gli sponsor. Per fortuna, comunque, abbiamo qualche marchio che in ambito motoristico ci aiuta a livello di gomme, motori e assetto». Un supporto essenziale per la sua Osella FA 30 Zytek da 3000 centimetri cubici.
Inevitabile, infine, capire fin quando continuerà la voglia di vivere a mille all’ora, tra lavoro e passione. «È una domanda che mi sono posto. Ho due bimbe di otto e tre anni – racconta Cubeda – e fino a questo momento, grazie a mia moglie, riesco bene a organizzare il mio tempo libero. Poi vedremo se e quando le esigenze personali mi dirotteranno altrove. Per il momento però non ci penso – ammette con sincerità l’intervistato – anche con l’aiuto di mio padre e della mia famiglia. L’orgoglio di tutto quello che abbiamo costruito mi spinge a raggiungere questi risultati». Il momento di appendere i guanti da corsa al chiodo sembra ancora molto lontano.