Dal 1937 in contrada Salonia, a Vizzini, si intrecciano pezzi di storia. La struttura, con le sue sei gallerie, ha avuto un ruolo strategico durante la seconda guerra mondiale. Chiusa dal 2014, adesso potrebbe essere usata per i periodi di quarantena legati al Covid
La tendopoli per migranti dentro l’ex deposito militare Dalla visita di Mussolini al progetto di Luca Odevaine
Un terreno grande 24 ettari per un perimetro lungo poco più di due chilometri in contrada Salonia, territorio di Vizzini. È questo il luogo scelto dal governo per allestire una tendopoli per i migranti da collocare in quarantena. Dall’inizio del 2020 gli arrivi si attestano a quota 13.710, in netto rialzo rispetto al 2019 quando erano stati 3.867 ma inferiori rispetto al 2018: in cui, a fine luglio, si toccò quota 18.546. Con gli hotspot che scoppiano, in particolare quello di Lampedusa, e i trasferimenti a rilento il governo sta cercando una serie di soluzioni, nonostante tre contagiati su quattro siano persone già residenti in Italia. Oltre alle navi passeggeri e a un hotel che la prefettura di Catania starebbe individuando la terza soluzione porta direttamente all’ex deposito militare di Vizzini. Nato per immagazzinare e distribuire materiale bellico, venne inaugurato nel 1937 e visitato da Benito Mussolini nell’estate dello stesso anno.
La scelta di questo sito ha spiazzato un po’ tutti. Dal presidente della Regione Nello Musumeci allo stesso sindaco di Vizzini Vito Saverio Cortese. «Una scelta che arriva senza preavviso – dice – e senza il necessario confronto e condivisione con le istituzioni del territorio, perché si tratta di un’area militare di proprietà del ministero della Difesa, che da anni risulta abbandonata e vandalizzata». Proprio per la mattinata di oggi è stato convocato in prefettura, a Catania, un vertice del comitato per la sicurezza e l’ordine pubblico. Ed è in questa sede che il primo cittadino cercherà di opporsi a una scelta che sembra già presa. A circa 20 chilometri di distanza dall’ex base c’è l’ex Cara di Mineo, ormai tornato in mano alla società privata Pizzarotti di Parma. Struttura trasformata nel più grande centro per richiedenti asilo d’Europa e simbolo del fallimento di una strategia dell’accoglienza basata sui grandi numeri.
C’è il rischio che Vizzini possa diventare come Mineo? Non è così secondo il Movimento 5 stelle. «Quello previsto non è un campo profughi e ci batteremo affinché non lo diventi mai, non venga attivato e anzi vigileremo affinché siano garantiti gli standard di sicurezza promessi per la tutela dei cittadini, in caso contrario ne chiederemo l’immediato smantellamento», dicono in coro i deputati Gianluca Rizzo, Eugenio Saitta, e Francesco Cappello. Di fatto su Vizzini, in tempi non sospetti, aveva messo gli occhi Luca Odevaine, tra i volti simbolo dell’operazione Mondo di mezzo sul business dell’accoglienza. Il progetto – non portato a termine – prevedeva di allestire all’interno dell’ex deposito militare un centro destinato alla formazione professionale per migranti.
Durante la seconda guerra mondiale il deposito, appartenente alla Regia aeronautica di Sicilia, ebbe un ruolo strategico. Diviso in due, aveva una zona logistica e l’altra operativa. All’interno della prima c’erano il comando e una sorta di caserma con alloggi e mensa. L’altra area invece comprendeva il deposito carburanti e le gallerie per le munizioni. Una di queste, come racconta Domenico Anfora nel libro tunnel dell’Aquila, era lunga 120 metri e poteva essere utilizzata anche come rifugio antigas e antiaereo. L’altro tunnel aveva una lunghezza di 122 metri, mentre il terzo e il quarto erano poco più piccoli. La galleria più lunga era la quinta: 240 metri e un braccio che la collegava al sesto cunicolo. Ai tempi, ogni galleria era difesa da una postazione in cemento armato dotata di mitragliatori.
Durante il secondo conflitto mondiale, nel deposito di Vizzini vennero custoditi ordigni utilizzati sia da bombardieri che da cacciabombardieri. «Le bombe giungevano su ferrovia fino alla stazione di Vizzini-Licodia – scrive Anfora – dove i vagoni erano caricati su carrelli trainati da autocarri. Trasportato nel deposito il vagone veniva fermato davanti la galleria dove si effettuava l’immagazzinamento». Il deposito venne colpito per la prima volta dagli ordigni alleati il 25 giugno 1943. La storia di questa struttura, oggi abbandonata, si è interrotta definitivamente con la chiusura dei cancelli il 9 febbraio 2014.