“…Ma l’unico pericolo che sento veramente…è quello di non riuscire più a sentire niente…”
Comincia con le parole di questa canzone, inizia l’appello di Arciragazzi Palermo, che esprime il più grande rammarico per i fatti recentemente accaduti nel Canale di Sicilia, «ennesimo esempio di diritti umani negati» ma anche e soprattutto forse di una soglia dell’indignazione che si è alzata, modificata, in cui questa negazione dei diritti umani «si è ridotta ad essere normale, silenziosa, veloce. Dopo un po’, scompare, cosi come sono scomparsi i 700 corpi sui fondali del nostro mare».
«In tal senso – scrivono – al di là delle riflessioni obbligate sui processi di gestione delle migrazioni in Europa e in Italia, che mirano alla militarizzazione dei mari e alla esclusione dello “straniero”, sentiamo il dovere di porci interrogativi sulle modalità di reazione dei bambini, delle bambine ,dei giovani e perché no? Sulle nostre.
Immediatamente dopo la strage è partito un movimento mediatico enorme con articoli, immagini, opinioni, racconti e testimonianze che ha garantito la possibilità a tutte e tutti di prendere posizione rispetto ai fatti accaduti. Tuttavia, il rischio delle proteste “via internet” è che queste rimangano virtuali, che i giovani, i bambini e forse anche noi adulti non siamo più sconvolti o colpiti da tale scempio. L’assuefazione e l’indifferenza è la cosa peggiore che si possa provare. L’indignazione 2.0 promossa a colpi di “mi piace” su Facebook, il demandare responsabilità ai governi regionali, nazionali o europei non basta.
Se non si è colpiti, indignati e angosciati non si riflette, non ci si domanda, non si continua a lottare per fare in modo che tali tragedie non accadano più. Ascoltare un bambino che dice “tanto ormai ci siamo abituati” fa rabbrividire. Ma fa anche riflettere: fa pensare che come associazione impegnata da oltre vent’anni sulla promozione dei diritti abbiamo la responsabilità e il dovere di fare quanto è nelle nostre possibilità, sempre più decisi, sempre più arrabbiati e passionali.
Servono azioni concrete, prendere coscienza che nel 2015 una strage di questo genere non è un caso isolato, ma fa parte di un sistema malavitoso che su questa moderna “tratta degli schiavi” ha interessi economici e che la soluzione non è quella di chiudere le frontiere o ricacciare indietro gli “invasori”, ma piuttosto scoperchiare delle lobby e dei sistemi politico-economici a cui fa comodo che tutto rimanga così com’è.
Occorre fare chiarezza su queste vicende e promuovere una cultura dell’informazione che vada oltre i salotti televisivi e gli schieramenti del web. Arciragazzi Nazionale già da diversi anni affronta queste tematiche, in particolare, nel 2011 con la campagna “Nessun Bambino è Straniero”».
I volontari di Arciragazzi Palermo, sono disponibili a pensare e progettare con i volontari di tutte le associazioni di Palermo, dei percorsi educativi nei centri sociali, negli oratori, nelle scuole e nelle piazze, per confrontarsi, studiare e successivamente sensibilizzare, attraverso il gioco, i bambini, le bambine i ragazzi e le ragazze, ad avere un atteggiamento critico su tutto quello che riguarda il tema dell’immigrazione clandestina e le stragi del Canale di Sicilia, partendo dalla consapevolezza che questo non è il primo e purtroppo non sarà l’ultimo gravissimo caso di negazione dei diritti umani nel Mar Mediterraneo.
Tra e iniziative che sosterrà nei prossimi giorni e alle quali invita tutti a partecipare ci sono: la raccolta indumenti attivata dal Centro Astalli e le iniziative di protesta pacifica come la fiaccolata organizzata dall’Oratorio Santa Chiara e da MoltiVolti a Palermo Venerdi 24 Aprile che partirà alle ore 21.00 proprio dalla sede dell’Oratorio Santa Chiara per concludersi in Piazza Bologni.
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