La Sicilia di Berlusconi, tra porti sicuri, soddisfazioni e amicizie discutibili

Bandiera a mezz’asta alla Regione siciliana. Non poteva essere altrimenti. D’altra parte, lo stesso governatore Renato Schifani è un prodotto politico di Silvio Berlusconi e celebrare la sua morte appare quanto meno doveroso. Del doppio filo che legava l’ex cavaliere alla Sicilia, tra fasti elettorali – è già stato più volte ricordato il 61 a 0 delle elezioni politiche del 2001 – e tante ombre, come lo strano rapporto con lo stalliere di Arcore, Vittorio Mangano, spietato capomandamento di Cosa nostra, l’Isola ha comunque rappresentato sempre un porto sicuro per Berlusconi.

Talmente sicuro che alle ultime Politiche, con Forza Italia ben lontana dai fasti del passato e poche – davvero poche – certezze, ha scelto il collegio uninominale di Marsala, in provincia di Trapani, in Sicilia, per assicurarsi che la sua ultima compagna Marta Fascina fosse eletta alla Camera dei deputati. Missione compiuta senza troppi sforzi, nonostante i risultati degli azzurri siano stati tutt’altro che lusinghieri. Voti che sono calati in misura proporzionale rispetto all’impegno profuso da Berlusconi, ormai fiaccato da uno stato di salute precario: basta pensare alla mole di gente che riusciva a spostare per ogni sua sortita isolana. Fosse anche per partecipare a uno dei tanti processi che lo hanno visto, in qualche modo, coinvolto. L’ultima volta è stato nel 2019, invitato come teste al processo per le talpe nella direzione distrettuale antimafia.

E quella sarebbe stata anche l’ultima sortita pubblica in Sicilia. Il 22 aprile a una strana convention di Forza Italia, quella del definitivo addio a Gianfranco Miccichè, uno dei primi scudieri di Silvio e del benvenuto al fuoriuscito grillino Giancarlo Cancelleri. In quella occasione, Berlusconi si trovava ricoverato al San Raffaele, sarebbe uscito qualche giorno dopo, ma i vertici azzurri locali decisero lo stesso di dare in pasto alla platea un video montato ad arte in cui l’ex cavaliere, probabilmente da casa sua, esprimeva diversi concetti standard sull’azione politica di Forza Italia, senza neanche mai nominare la Sicilia. Una scelta poco felice, secondo alcuni. Un momento molto commovente, secondo altri.

Chi lo ha conosciuto parla di una persona che colpiva per l’attenzione che dava all’interlocutore: non dimenticava un nome, si informava sulla sua famiglia, teneva alla precisione, faceva sentire importanti. L’addio a Berlusconi riesce persino a mettere d’accordo – per una volta – tutto il centrodestra, Forza Italia compresa. Da Renato Schifani, che dice colpito «profondamente, poiché non solo ho perso il mio punto di riferimento politico, ma anche un amico fraterno», allo shock di Gianfranco Miccichè. Fino ai ricordi di Pino Firrarello: «Nei primi anni Duemila, alcuni colonnelli della giovane Forza Italia al Senato non volevano che io entrassi a far parte del gruppo: era un partito poco radicato sul territorio, che non aveva ambizioni di governo locale e guardava alle elezioni politiche senza l’illusione di replicare lo stesso risultato di Comune in Comune. Fu Berlusconi stesso a scegliere di ammettermi, per studiare quello che lui amava definire il “modello Catania”. Abbiamo vinto tanto, tantissimo, e a volte anche perso, ma nonostante la politica ci abbia spesso portato a litigare, cocciuti entrambi, conserverò per sempre il ricordo indelebile di affetto e amicizia». E poi ci sono i ricordi privati di Andrea Mineo: «Capace di confrontarsi con tutti e di far stare a proprio agio chiunque senza far sentire il peso della propria presenza. Per noi, che in 29 anni di costante militanza abbiamo avuto il privilegio di conoscerti e frequentarti, ogni parola oggi è superflua. Grazie di esserci stato sempre».

E ancora, dal saluto istituzionale di Marco Falcone a quello del gruppo di Forza Italia all’Assemblea regionale, passando per il nuovo coordinatore regionale azzurro Marcello Caruso e i leader dei partiti di coalizione, dal sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, a quello appena eletto a Catania, Enrico Trantino, fino ad arrivare al silenzio quasi totale delle opposizioni, fatta eccezione per il referente del Movimento 5 stelle Nuccio Di Paola, che sui social condivide un post di Giuseppe Conte e per Cateno De Luca, che commenta: «Un grande abbraccio alla sua famiglia. La fine di un’era».


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