La scomparsa del Commissario dello Stato è una vittoria per la Sicilia. Ecco perché

SUL PRONUNCIAMENTO DELLA CONSULTA CHE, FINALMENTE METTE IN DUBBIO LA FIGURA DEL COMMISSARIO DELLO STATO, INTERVIENE UNO DEI PRINCIPALI ESPERTI IN TEMA DI AUTONOMIANA SICILIANA, IL PROF MASSIMO COSTA

di Massimo Costa

L’ordinanza della Corte Costituzionale depositata il 7 maggio rappresenta una vittoria, seppure silenziosa e non adeguatamente sottolineata dai media, per la Sicilia, il superamento di una vera ingiustizia aberrante che durava da più di dieci anni e che poneva la Sicilia al di sotto delle altre Regioni.

Quando, qualche anno fa, feci parte di un comitato consultivo, a titolo gratuito, dell’assessorato all’economia per l’attuazione del federalismo fiscale, non di quello “italiano”, ma di quello specifico “siciliano”, cioè dello Statuto, molto più avanzato di quello comune, proposi una serie di decreti attuativi e questi, per qualche tempo, furono pubblicati e messi in evidenza nel sito ufficiale della Regione Siciliana.

 

Purtroppo poi non se ne fece nulla, almeno fino ad oggi, ma si sa che le battaglie che contano hanno tempi lunghi.

 

Quel mio documento prendeva le mosse da una delibera di giunta con cui si proponeva uno schema di decreto attuativo per l’istituzione della Corte di Cassazione in Sicilia. A me sembrava che, invece di iniziare dalla testa, si stesse iniziando dalla cosa meno importante, dalla coda. Peraltro lo Stato, allora rappresentato da Monti, ignorò persino questa innocua richiesta della Sicilia di vedere completata la propria autonomia giudiziaria.

 

Proprio per questo, in garbato distinguo rispetto alla scelta del governo Lombardo di iniziare dalla Corte di Cassazione, feci pubblicare quei 10 decreti attuativi che, partendo dal modello originario di Guarino Amella, avrebbero dato sostanza, finalmente, alla nostra Autonomia.

 

Devo dire, a qualche anno di distanza, che quei decreti seguivano il dettato statutario in maniera sin troppo letterale, mentre oggi – col senno di poi – in tempi di Euro-dittatura e di austerità ormai apparentemente irreversibile, bisognerebbe avere il coraggio di riscrivere alcune norme andando ancora più avanti, nel rispetto dello spirito e non solo della lettera dello Statuto. Ma questa è un’altra storia di cui magari parleremo un’altra volta.

 

In quei 10 decreti da me proposti, il PRIMO riguardava proprio l’abolizione, o meglio il “congelamento” delle funzioni del Commissario dello Stato.

 

Argomentavo, oggi posso dire a ragione, che parlare di autonomia, e in particolare di autonomia finanziaria, della Sicilia, in presenza di questa assurda figura di censore preventivo di ogni sorta di legislazione regionale, era semplicemente paradossale e assurdo.

 

Ero arrivato a dire che il corpo legislativo regionale, a differenza di quello di altre regioni, non aveva reale potere di far leggi, ma solo appena di proporle umilmente allo Stato, il quale, per mezzo del suo superprefetto, decideva se graziosamente concederle o no.

 

Come mai si sarebbe potuta superare la condizione di colonialismo interno in queste condizioni?

 

Ora non posso che salutare con grande favore il fatto che la Consulta, di norma mai “tenera” con la nostra Autonomia, riconosca finalmente il nostro diritto elementare di essere “almeno” come le altre regioni, in attesa magari di essere un po’ più autonomi come è nostro diritto!

 

 

Il Commissario se ne va, finalmente, è questa la notizia di oggi!

 

Non invochiamo, per favore, la “bassa qualità” della legislazione regionale. I nostri legislatori non sono peggiori né migliori degli altri, dalla Nuova Zelanda al Burkina Faso all’Arkansas. Solo il nostro disperato provincialismo non ci fa accorgere che il Commissario interveniva solo ed esclusivamente per gli interessi del Continente contro la Sicilia. Da ultimo non ha impugnato il mutuo da un miliardo che è palesemente incostituzionale e peraltro privo di reali coperture. Oggi qualcuno gioiva perché si colpiva Crocetta, ieri perché si colpiva Lombardo, ma che c’entra? Domani, chiunque governasse, sarebbe stato ricattabile allo stesso modo: si chiami Musumeci o Cancelleri o San Pio da Pietralcina.

 

E allora? Consegnamo all’Italia, e quindi all’Europa dei banchieri i nostri conti? Lo abbiamo fatto sino ad ora, e i risultati sono semplicemente disastrosi.

 

Quali sono le ragioni di questa ordinanza? Il Commissario è una figura coessenziale all’Alta Corte, la sua istituzione si comprende solo alla luce dell’ordinamento originario che oggi, purtroppo, non è più operante. Noi non siamo d’accordo con l’interpretazione della Corte Costituzionale che ritiene abolita la competenza dell’Alta Corte. L’unicità della giurisprudenza costituzionale si realizza quando su un oggetto non ci sono due giudici che possano giudicare in maniera diversa l’uno dall’altra. La competenza speciale dell’Alta Corte ritaglia due campi dalla competenza generale della Consulta e ne aggiunge uno di carattere penale, ma non ci sono casi dubbi o di frontiera, e, in ogni caso, la Corte Costituzionale potrebbe sempre, quale tribunale costituzionale supremo della Repubblica, avocare a sé questi casi dubbi. Non c’era alcun bisogno di comprimere la competenza dell’Alta Corte fino a farla sparire. Il giudice, anche quello costituzionale, si costituisce “per legge”, non per sua stessa sentenza. Però, questa ordinanza non peggiora nulla sotto questo piano: si limita a ribadire la costante interpretazione “abrogativa” della Corte Costituzionale.

 

A questo però aggiunge un riconoscimento importante, e cioè che il sindacato del Commissario perde gran parte della propria ragion d’essere in asssenza del foro giudicante per il quale era stato pensato.

 

A questa considerazione generale se ne aggiunge un’altra, ancora più importante: la riforma del 2001 ha abolito il controllo “preventivo” di costituzionalità per tutte le regioni, COMPRESE QUELLE SPECIALI, in quanto le stesse potevano mantenere differenze rispetto a quelle ordinarie, solo in presenza di margini più ampi di quelli riconosciuti alle regioni a statuto ordinario.

 

Ora, il mancato riconoscimento del carattere “più restrittivo” della presenza del controllo preventivo in Sicilia rispetto alle altre regioni, ha creato un’ingiustificata disparità a nostro sfavore che finalmente viene rimossa.

 

 Le conseguenze sono state durissime per la Sicilia. Dal 2001 lo Stato ha esercitato questo potere di interdizione in modo da esercitare direttamente, al posto nostro, la capacità di far leggi in Sicilia e di far ogni tipo di manovra finanziaria. I partiti italiani, su comando da Roma, facevano le “proposte”, le sottoponevano al Governo, che attraverso il suo Commissario (peraltro di fatto “di Governo” e non “di Stato” come in teoria sarebbe dovuto essere) controllava tutto. Se la Sicilia è oggi in ginocchio lo dobbiamo anche e soprattutto allo Stato che ha telecomandato ogni mossa della Regione.

 

La possibilità per i Presidenti della Regione di promulgare le leggi impugnate era soltanto teorica, dovendone poi rispondere di persona in caso di annullamento delle stesse dalla Corte Costituzionale.

 

 

Ma lasciamo perdere il passato, e queste argomentazioni giuridiche che interessano forse pochi. Quali sono le conseguenze di questa ordinanza sul piano pratico?

 

Teoricamente nessuna, perché l’ordinanza si limita a sollevare la questione di costituzionalità del controllo preventivo delle leggi regionali davanti a se stessa. Si deve quindi aspettare la sentenza vera e propria per vedere cambiato il modo di controllo della legislazione regionale.

 

Ma praticamente il cambio è immediato e di grande interesse.

 

Intanto l’ordinanza ha “congelato” un ricorso del Commissario dello Stato contro la Regione. Questo significa che tutti i ricorsi, le impugnative in corso e quelle che d’ora in poi vorrà fare il Commissario saranno parimenti congelate in attesa della sentenza di merito. Cioè le impugnative del Commissario da stamattina non hanno più alcuna efficacia pratica. E non è poco!

 

Poi ci sarà la sentenza, ma – con le argomentazioni già poste nell’ordinanza – il suo contenuto appare scontato.

 

Tutti i ricorsi “preventivi” del Commissario, anche se validi nel merito, saranno dichiarati “difettosi”, perché le leggi della Regione da allora in poi, e spero con effetto retroattivo dal 2001, saranno impugnabili solo dal momento della loro pubblicazione in Gazzetta, e quindi dal momento in cui cominciano a produrre effetti.

 

E quindi, già da oggi, il ruolo del Commissario resta puramente simbolico.

 

Vero è che potrebbe continuare a svolgere le funzioni di controllo a consuntivo, al posto del Governo, perché in questo non rappresenterebbe un “minus” rispetto alle altre regioni. Ma sarebbe uno spreco! In tempi di spending review si tiene un ufficio dello Stato a Palermo, per fare un controllo “ex post” della legislazione siciliana che altrove è fatto dal Ministero, e per un’eventuale remotissima facoltà di proposta di commissariamento della Regione? Secondo me la Corte troverà il modo di argomentare, nella sentenza di merito, che questa figura resta “travolta” dalla riforma del 2001, per usare lo stesso termine che fu purtroppo usato per l’Alta Corte nel 1957. Se invece vorranno lasciarlo stare resterà come “carta da parati”, del tutto inoffensivo.

 

Altra conseguenza è che tutti i ricorsi fatti dal Commissario dal 2001 sono illegittimi! Purtroppo tutte queste impugnative hanno a suo tempo “spaventato” i presidenti e quindi hanno fatto a pezzi la legislazione regionale, senza possibilità di ridiscutere nulla. Ma, moralmente, la Sicilia ha tante questioni da riprendere, su cui legiferare liberamente e poi serenamente, se il Governo (o il Commissario) vorrà ricorrere, attendere la sentenza di merito. Nel frattempo le leggi regionali avranno tranquillamente la loro efficacia come in ogni altra regione.

 

Altro effetto dell’eliminazione di questo “protettorato” dello Stato italiano sulla Regione siciliana è che finalmente, artt. 14, 17 e 18 alla mano, la Regione può legiferare su tutto senza timori. La Regione può finalmente esercitare appieno la propria autonomia legislativa ed esecutiva. E, se i provvedimenti saranno giusti e daranno benefici alla Sicilia, il Governo e la Corte si guarderanno bene dall’annullare una legislazione innovativa ed efficiente.

 

La sfida è lanciata ai legislatori siciliani. Tra questi ci sono forze ed energie nuove che, da domani, possono tentare di dare un volto nuovo alla nostra Isola. Non dimentichiamo poi che, con i referendum propositivi e con le leggi di iniziativa comunale questo strumento potrebbe dare direttamente al Popolo Siciliano uno strumento formidabile di autogoverno! Siamo come la Svizzera, ancora solo sulla carta, e non lo sappiamo! Finalmente abbiamo un livello di autonomia e di democrazia avanzatissimo. Dobbiamo solo esserne all’altezza e riappropriarcene.

 

Altro effetto ancora è che la Sicilia può fare le proprie manovre finanziarie senza quelle continue impugnative che, sotto l’apparenza del mantenimento del rigore sui conti pubblici, avevano la reale finalità di fare andare a gambe all’aria le nostre finanze, o di applicare ricette “greche”, cioè di scaricare sulla Sicilia una parte significativa del costo dell’Europa e del debito, impagabile, dello Stato italiano.

 

Questo significa che, da domani, possiamo difenderci meglio. C’è da scommettersi che il pressing di alcuni partiti nazionali e di alcuni sindacati nazionali, e di alcuni giornali italiani e siciliani, di mestiere ascari, servi e venduti, per l’abolizione dello Statuto siciliano, inforzeranno i loro sforzi, sparando ad alzo zero contro la Sicilia. C’è da giurarci! Perché da domani finalmente la Sicilia potrà far da sé le proprie manovre finanziarie. Vi sembra poco?

 

Ovviamente questa vittoria, oscura e anonima per il siciliano medio totalmente disinformato sulla reale posta in gioco, da sola non basta.

 

Se la Sicilia non pretenderà il passaggio degli uffici finanziari alle sue dipendenze, da accorpare con Riscossione Sicilia, che invece deve essere abolita e “regionalizzata”, insieme alle assurde sovrattasse e interessi di mora,

 

Se la Sicilia non pretenderà che ogni tributo ed entrata pubblica riscossa o maturata in Sicilia affluisca alle nostre casse in cambio dell’accollo di ogni servizio pubblico,

 

Se la Sicilia non si doterà dei fondamentali strumenti legislativi e finanziari che devono accompagnare l’Autonomia, tra i quali uno strumento di pagamento e di iniezione di liquidità parallelo a quello della moneta legale,

 

allora tutto questo non servirà ancora a nulla.

 

Ma l’uscita di tutela dallo Stato italiano è un assist unico, che non si ripeterà facilmente o che non durerà a lungo se non lo sapremo usare.

 

Ora ci vuole subito l’attuazione del dispositivo finanziario ed economico dello Statuto, anche con una trattativa in Europa molto serrata.

 

Saremo all’altezza di questo? Io oggi, non so perché, un po’ sono fiducioso. Ma non bisogna mai abbassare la guardia.

 

Oggi, intanto, incassiamo questa vittoria! Non è che la Sicilia ne abbia avute poi tante nella sua storia.


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