La questione dei precari dei Comuni siciliani oggi all’Ars Se ne occupano insieme tre Commissioni legislative

La questione dei precari degli enti locali dei Comuni siciliani – circa 24 mila lavoratori – viene affrontata stamattina nel corso di una riunione congiunta di tre Commissioni legislative dell’Ars: la Commissione Bilancio e Finanze, la Commissione Affari istituzionali e la Commissione Cultura e Lavoro.

Si parlerà del futuro di questi lavoratori alla luce della proroga arrivata dal Parlamento nazionale per un altro anno di attività, della crisi finanziaria della Regione e della crisi finanziaria degli stessi Comuni. 

Il tema è complesso. E presenta due aspetti: uno giuridico e l’altro economico. 

Il primo – quello giuridico – è legato alla proroga che, ormai ogni anno, arriva dal Parlamento nazionale. Per certi versi, o meglio, per gran parte di questi lavoratori, questa proroga è anche offensiva. Si tratta di personale che presta servizio in questi uffici comunali da venti o da venticinque anni. Che significa la proroga per migliaia di persone che ormai lavorano in questi Comuni da venticinque anni, in molti casi occupando ruoli di grande responsabilità? Senza la proroga che fa, li licenzierebbero?

Il secondo aspetto – quello economico – non è meno importante del primo. Anzi, forse è più importante. Perché riguarda il pagamento di questo personale. Fino al 2013 i circa 24 mila precari degli enti locali siciliani sono stati pagati dalla Regione (in buona parte) e dai Comuni (in minima parte). 

Quest’anno, per i precari degli enti locali, la Regione ha stanziato 270 milioni di euro (si tratta di un Fondo che serve ai Comuni proprio per fronteggiare i disequilibri di bilancio provocati dal pagamento degli stipendi a questo personale). Solo che di questi 270 milioni ha erogato, sì e no, un’ottantina di milioni di euro, a giudicare da quello che ci ha detto il vice presidente di ANCI Sicilia, Paolo Amenta, delegato dall’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani dell’Isola a seguire le questioni finanziarie.

In pratica, quest’anno, ai Comuni siciliani, per pagare questo personale precario, sono venuti a mancare 180-190 milioni di euro. Il risultato è che gli stipendi, in molti casi, sono stati pagati dai Comuni con onerose scoperture di tesoreria. 

Un altro punto da affrontare è legato ai Comuni siciliani che hanno già dichiarato il dissesto o il pre-dissesto (25 Comuni). E a quelli che stanno per dichiarare il dissesto e il pre-dissesto (altri 25 Comuni). Sembra che per i Comuni in dissesto o pre-dissesto non ci sarebbe l’autorizzazione, da parte del Parlamento nazionale, a prorogare i contratti ai precari. 

Anche in questo caso, solita domanda: siccome questi Comuni sono in dissesto o pre-dissesto finanziario si licenzia il personale, che sarà pure precario, ma che lavora in questi uffici comunali da venti-venticinque anni? 

Il tema centrale,comunque, resta quello dei soldi per pagare questi lavoratori. La Regione siciliana versa in gravi difficoltà finanziarie. I Comuni pure. Addirittura, alcuni Comuni, come già accennato, sono già in dissesto o pre-dissesto finanziario. Altri stanno per dichiararlo. 

Per la cronaca, quando un Comune dichiara il dissesto non è più come una volta, quando interveniva lo Stato e sanava i debiti. Oggi – chissà perché, questo nessuno lo dice ai cittadini – quando un Comune dichiara il dissesto a pagare sono gli abitanti dello stesso Comune. Poco importa che paghino l’Irpef ai massimi livelli (cosa che succede in Sicilia). Poco importa che già non hanno più i soldi per pagare Tasi, Tari e via continuando con tasse e imposte nazionali e locali. Poco importa se gli imprenditori di tali Comuni pagano l’Irap ai massimi livelli.  

Quando un Comune dichiara il dissesto finanziario, lo stesso Comune è autorizzato ad aumentare a dismisura tasse e imposte comunali fino a quando i conti non si risanano. A pagare sono sempre gli ignari cittadini, che forse, nel caso della Sicilia, dovrebbero svegliarsi un po’ e valutare attentamente gli amministratori comunali che eleggono. 

In questo scenario sarebbe bene capire chi pagherà lo stipendio ai precari degli enti locali. Lo Stato non paga, la Regione nemmeno, i Comuni sono in crisi. 

Il 2015, per questi lavoratori, si annuncia problematico. Per quest’anno hanno pagato, come già ricordato, i Comuni, in buona parte indebitandosi con le banche. Un indebitamento che verrà pagato dai cittadini con un aumento delle tasse e delle imposte comunali. 

La domanda è semplice: chi pagherà il prossimo anno? Quali sono le intenzioni del Governo nazionale di Matteo Renzi, che sta continuando a penalizzare i Comuni, con perticolare riferimento a quelli siciliani? 

Ancora: la politica siciliana tasserà, Comune per Comune, i cittadini per pagare lo stipendio ai precari? Se le cose stanno così, la politica – ci riferiamo ai Sindaci e ai parlamentari nazionali e regionali – farebbe bene a comunicarlo ai cittadini siciliani. Anche per capire cosa ne pensano.           


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