La Fera ‘o luni raccontata in documentario Il mercato tra tradizione e cambiamento

«Sono Bernardo. Ho 86 anni e sono il più grande fruttaiolo della fiera». Si presenta così il personaggio catanese del documentario di Maurizio Diliberto e Bruna Masi dal titolo Mercati storici. Il cuore della Sicilia, proiettato ieri in anteprima al Museo del cinema di Catania. Personaggio reale, Bernardo, il più grande – nel senso di più anziano – fruttivendolo della Fera ‘o luni, è un pezzo di storia di quel luogo, cuore pulsante del centro cittadino e protagonista del documentario insieme ai mercati palermitani di Ballarò e della Vucciria.

L’opera dei due registi palermitani, nata dall’idea del produttore Ugo Piazza, è una passeggiata tra le bancarelle, le merci e le persone che affollano i mercati storici delle due città siciliane (a Catania si trascura però la pescheria). A guidare lo spettatore tra le viuzze e le piazze sono le città stesse, narratrici voci fuori campo, maschile quella di Palermo e femminile quella di Catania. I mercati, però, non sono raccontati solo per immagini, ma attraverso le storie di chi ci lavora e vive. Come Bernardo, che abita in uno dei palazzi che si affacciano su piazza Carlo Alberto, sede delle bancarelle di frutta, verdura e pesce di quella che i catanesi chiamano la fiera. Lavoratore instancabile da quando aveva 14 anni, solo da poco ha lasciato le redini del suo posto, come lo chiama lui, al nipote venticinquenne che lo aiuta fin da bambino.

Quella del mercato catanese è, infatti, una storia di tradizione, tramandata da generazioni. Anche se non mancano i cambiamenti. Le bancarelle in continuo aumento, la crisi e i guadagni che calano e la presenza massiccia di abusivi, racconta Bennardo. Cambiamenti confermati anche da Anna Cavallotto, proprietaria insieme alla sua famiglia della storica libreria di Corso Sicilia, proprio accanto al mercato, e presente alla proiezione in rappresentanza della Confcommercio, in qualità di presidente provinciale dell’Associazione librai italiani. «Dalla confusione e il movimento nella zona era chiaro subito se la fiera era aperta o chiusa, era un posto pieno di tradizioni – racconta – Ora rischia di non esserlo più per via della globalizzazione e dell’illegalità e stanno prendendo il sopravvento il degrado, la sporcizia e l’abusivismo. Eppure – aggiunge – anche da noi potrebbe essere fonte di attrattiva per i turisti e per chi vuole conoscere l’anima della città».

A raccontare Ballarò è Tommy, detto Bruno: perché, anche se la sua casa è l’Africa, il mercato di Palermo è il posto che lo ha accolto e adottato, dice. Un luogo di integrazione e di possibilità di realizzazione. Come è successo a Irene, anche lei africana, che ha potuto aprire a Ballarò il suo negozio dove lavora come parrucchiera. La crisi, però, accomuna il caotico mercato palermitano e quello – più ordinato – etneo. «Quando ho iniziato nel 2005 guadagnavo anche 60 euro al giorno, vendendo frutta. Adesso guadagno 20 euro», spiega Bruno. Ancora più evidenti sono i segni della crisi alla Vucciria, che negli anni ha perso splendore e vitalità. «Quando hanno tolto le balate (i mattoni della pavimentazione, ndr) quella che c’era sotto il mio posto me la sono portata a casa e l’ho messa in salotto, perché rappresentava quello che mi ha permesso di sposare tre figli. Prima qui ci lavoravano cinque persone, ora sono solo», racconta uno dei venditori del mercato.

Impossibile non simpatizzare con i personaggi del documentario di Dilibero e Masi, che verrà proiettato anche a Palermo il 18 Aprile alle 19 nella Sala magna di Palazzo Steri in piazza Marina. Dal week end di Pasqua per tre fine settimana verrà trasmesso  su Video regione (canale 16 del digitale terrestre) all’interno di Sicilia Report tv, il progetto televisivo prodotto dalla Piazza group srl. «Il nostro programma è trasmesso anche su Italia channel negli Stati Uniti, che ha 5 milioni di abbonati. I lavori sulla Sicilia sono molto richiesti, perché all’estero è molto più apprezzata che nell’isola stessa», afferma l’amministratore unico Ugo Piazza, che promette davanti al ristretto pubblico etneo (circa 20 persone) anche un servizio sul poco conosciuto Museo del cinema che ha ospitato la proiezione.

 

 

[Foto di Flavia Iraci]


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