Il sottosegretario all'Istruzione in queste settimane ha girato in lungo e largo la Sicilia, per presentare il suo primo libro dal titolo Sottosopra. Leggendolo ci si imbatte in un vero programma elettorale con numerose prese di distanza da un passato rispetto al quale, però, il fedelissimo di Renzi non può definirsi estraneo
La discesa in campo letteraria di Davide Faraone Contro «l’ipocrita classe politica» che sosteneva
Sottosopra. È questo il sogno di Davide Faraone: rivoltare la Sicilia come un calzino, a partire da quel «partito nuovo», che ha bisogno di liberarsi da tutte le parole che a suo avviso lo hanno definito per troppo tempo, legandolo a una dimensione «lenta, avulsa, irrilevante, minoritaria, doganiera». Insomma il sottosegretario, che in questi mesi è impegnato in un tour che è letterario soltanto agli occhi dei più ingenui, sta sondando il terreno in vista delle regionali del prossimo anno. Occasioni per illustrare la sua ricetta per risollevare le sorti della Sicilia sono le numerose presentazioni del suo primo libro dal titolo Sottosopra. Come rimettere la Sicilia sulle sue gambe (Donzelli editore).
Faraone racconta del lungo «suicidio godurioso» della Sicilia, elencando gli errori del passato (in realtà neanche troppo remoto) e – naturalmente – le disastrose situazioni finanziarie ereditate. A cominciare dalle tante prebende offerte dai governatori di un tempo, rispetto alle quali ora occorre cambiare passo. Peccato che Faraone dimentichi che quei provvedimenti dei governi passati, nello specifico quello di Raffaele Lombardo, venissero approvati grazie anche al suo voto e a quelli dei suoi colleghi di partito. E che non ricordi che Rosario Crocetta è stato eletto anche grazie ai voti suoi e di quelli del suo partito e che, nonostante le critiche mai risparmiategli il governatore («Se sostenessi la ricandidatura di Crocetta, mi considerereste da trattamento sanitario obbligatorio» oppure «A fronte della disponibilità del premier ad aiutare la Sicilia, qui non c’è un interlocutore credibile»), resti ancora il primo inquilino di Palazzo d’Orleans governando la Sicilia insieme ai commissari di Renzi e dello stesso Faraone.
Ecco, i commissari. Lì il sottosegretario-scrittore cambia registro e racconta ai suoi lettori le mirabolanti meraviglie dall’arrivo dell’assessore all’Economia Alessandro Baccei. Il panorama davanti a cui si trova Baccei (e quindi Faraone) è quello di una «Regione bipolare: spendi e spandi da una parte, ridotta all’osso dall’altra». «Impressionava – racconta ancora Faraone – la situazione di partenza: ereditata, certo, ma ciò che colpiva in maniera lampante era l’assoluta irresponsabile e ipocrita inconsapevolezza di grossa parte della classe politica e sindacale. La terra tremava sotto ai piedi e ciononostante la musica non smetteva di suonare né i camerieri di servire ai tavoli. Una scena del Titanic. E sappiamo tutti com’è finita».
«Il buco nei bilanci è una voragine». Faraone racconta poi del pasticcio del patrimonio immobiliare, mai venduto o affittato, ma le cui presunte future rendite venivano caricate in bilancio come entrate in attivo. O ancora il caos del corpo forestale, la centrale unica degli acquisti, la spesa sanitaria. «Sulla scia dell’azione risanatrice della situazione economico-finanziaria della Regione avviata dal 2015 si è sviluppato un proficuo rapporto con il governo nazionale. Finalmente un atteggiamento paritario di confronto reale, non subalterno né conflittuale». Insomma, il cambiamento – scrive Faraone – è già in atto, e dobbiamo accompagnarlo con più forza e determinazione. Una volta rimessi più o meno in piedi i conti della Regione, per il sottosegretario è il momento di guardare al futuro mettendo nero su bianco in che modo questa regione vada rivoltata come un calzino.
Dai maxi stipendi dell’alta burocrazia regionale a quella capacità – tutta squisitamente siciliana – di cercare il posto, piuttosto che inventarsi un lavoro. «Ha scocciato il ritornello – si legge ancora tra le pagine di Sottosopra – del terrone fuori sede: “Ma noi c’abbiamo il sole e il mare tutto l’anno”. Credo sia giunto il momento di inorgoglirsi con pienezza». Puntando sulla cultura, sul patrimonio che la Sicilia ha già, guardando ai flussi migratori come una risorsa per «un Paese praticamente a crescita zero» e non come una minaccia. «Ogni volta che alziamo un muro, diventa più difficile guardarvi dentro. Ed è allora che siamo insicuri, preda dei nostri mostri».
E ancora acqua pubblica, ponte sullo Stretto, antimafia. Insomma, un vero e proprio impegno con gli elettori, un programma elettorale, scritto però in un italiano più letterario e presentato meglio che in un fascicolo di fogli A4. «Contro la tristezza e i musi di certi politici, il divertimento che viene dalla passione e dalla certezza di lavorare per cambiare le cose in meglio. Contro chi non molla mai la poltrona», ecco la ricetta di Faraone: «Il sovvertimento di un ordine che ingessa». C’è da scommetterci, sarà una lunghissima campagna elettorale.