La Corte dei Conti boccia il Fondo rischi della Regione siciliana

La parifica sul rendiconto generale della Regione siciliana per l’esercizio finanziario 2012, alla fine, come sempre, è arrivato. Ma la Corte dei Conti siciliana ha sganciato siluri potentissimi  contro la ‘nave’ del Governo Crocetta.

A partire dall’ultima ‘trovata’, annunciata ieri nel corso di una conferenza stampa convocata proprio alla vigilia del giudizio dei magistrati contabili. Parliamo del cosiddetto ‘fondo rischi’ contro le entrate fantasma appostate nel bilancio. Quelle entrate, pari a circa tre miliardi di euro (i cosiddetti residui attivi) che difficilmente saranno davvero esigibili.

“I soldi li prenderemo in parte dal patrimonio immobiliare, in parte da risparmi nel bilancio e la terza fonte è il conferimento nel Fondo di tutti i ribassi d’asta”, hanno detto, ieri, il Presidente della Regione, Rosario Crocetta, e l’assessore all’Economia, l’ inviato  ‘speciale’ di Roma, Luca Bianchi.

“I residui attivi su cui stiamo facendo una verifica ammontano a circa tre miliardi di euro. Non tutti, ovviamente, sono incerti. Ma noi dobbiamo salvaguardare il nostro bilancio e renderlo attendibile. A questo serve il Fondo, azzerato l’anno scorso. Lo ricostituiamo intorno ai 200 milioni, abbiamo assunto un impegno di 300 milioni di euro a partire  dall’anno prossimo”.

Parole e tecnicismi che non hanno ‘fregato’ la Corte dei Conti che oggi esprime “una valutazione negativa circa l’adeguatezza della quantificazione operata sui fondi appostati in bilancio per sopperire ai rischi, il cui impatto potrebbe “seriamente compromettere in futuro i complessivi equilibri di bilancio”. In pratica, la Corte dei Conti non contesta il Fondo rischi, ma le modalità con le quali il Governo regionale vorrebbe costituirlo. Detto in parola ancora più semplici, il Fondi rischi va fatto con soldi veri e non con altri soldi che non si materializzeranno…

La questione è molto più semplice di quanto Crocetta e Bianchi vogliono fare apparire: come abbiamo scritto ieri la manovra approvata lo scorso aprile fa acqua da tutti i lati. Ed è stata, per giunta, in parte impugnata. In parte perché è stata fatta male e in parte perché la Regione siciliana non era in grado di sopportare a un prelievo forzoso di 800 milioni di euro imposto dal Governo nazionale nel nome del rispetto del Fiscal Compact, il trattato europeo che vincola il nostro Paese a un esborso di 50 miliardi di euro all’anno per 20 anni.

Solo che il Governo siciliano non ha neanche provato ad opporsi a Roma. E, d’altronde, con un assessore all’Economia inviato dalla Capitale per fare gli interessi del Governo nazionale e non quelli della Sicilia come avrebbe potuto opporsi? Non solo. Il presidente Crocetta e l’assessore Bianchi non hanno chiesto una contropartita, viste le condizioni economiche disperate in cui versa l’Isola. Ma hanno accettato pure la truffa dell’articolo 37 dello Statuto che avrebbe potuto provvedere, se attuato correttamente, al fabbisogno finanziario della Regione.

Giustamente Bianchi, ai microfoni della Rai, ha fatto notare che se mancano soldi è un po’ colpa del passato e un po’ per colpa del taglio dei trasferimenti statali. Nessun riferimento al fatto che loro stessi hanno continuato ad inserire entrate fantasma nel bilancio, né al fatto che si sono piegati al prelievo forzoso di Roma e allo scippo delle risorse dell’articolo 37.

C’è di più. La Corte dei Conti stamattina ha puntato il dito contro la crescente incidenza della quota di compartecipazione regionale della spesa sanitaria nazionale ormai fissa al 49,11 per cento. Ovvero: 4 miliardi e 224 milioni, 21 milioni di euro in più rispetto al 2011, importo che assorbe il 52 per cento circa del complesso delle entrate tributarie della Regione.

Insomma, non è poi così vero che  la Sicilia non sia  più il granaio di Roma…

 

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