Neanche una lettura in un anno per più della metà della popolazione e nemmeno un volume in casa per il 18 per cento delle famiglie. Record per la regione nel rapporto 2013 sulla lettura in Italia. In tutto il Paese resistono i laureati, tre su quattro sono lettori. «Ma molti vengono a chiedere classici con il testo fronte-retro», lamenta il dipendente di una libreria catanese
Istat, niente libri nelle case dei siciliani Ma i laureati leggono «il Candido di Sasha»
Il 71 per cento degli intervistati confessa candidamente di non aver letto nemmeno un libro in un anno e il 18 per cento delle famiglie ammette di non possedere neppure un libro in casa. Una Sicilia desolata, quella che viene fuori dal rapporto Istat La produzione e la lettura di libri in Italia e si guadagna l’ennesimo primato negativo in una graduatoria nazionale. Frutto di due indagini riferite al 2013 – rispettivamente su vita quotidiana e mercato librario –, il report in questione rivela che al Sud e nelle isole meno di una persona su tre può essere considerata un lettore. E si noti che, per reputarli tale, all’Istituto nazionale di statistica basta un solo titolo per 12 mesi.
Tra i fattori che ostacolano maggiormente il consumo di libri, per gli editori intervistati ci sarebbero in primis la mancanza di adeguate politiche scolastiche di educazione alla lettura e, in secondo luogo, il basso livello d’istruzione della popolazione. In effetti, stando ai numeri, in Italia leggono meno di una persona su tre, ma circa tre laureati su quattro, cioè il 77 per cento delle persone in possesso di un titolo di studio più elevato del diploma.
I laureati ci salvano, perciò. Almeno finché non arrivano in libreria a chiedere libri come «il Candido di Sasha», «Colazioni in Sicilia di Vittorini», «qualche libro di idem» o «un classico con il testo fronte-retro». Aneddoti simili rendono aspra la giornata lavorativa di Elio, dipendente di una nota libreria catanese, che non ha dubbi sul fatto che questi lettori disorientati riescano a conseguire senza troppi problemi il loro titolo di studio: «Molti sono già laureati. Qualcuno trova interessante un tuo suggerimento e chiede se c’è qualcosa di fac simile. Anche Braudel si legge come si scrive, talvolta». Problematici anche i clienti di Vittorio, dipendente di una piccola libreria universitaria del centro storico: «Mi viene in mente il giovane che si ostinò a chiedermi i Pensieri morali di Leopardi – racconta – Dopo una ventina di minuti capii che voleva leggere i Canti. Molti vuoi dimenticarli, altrimenti impazzisci». Ma indelebile è il ricordo della studentessa adirata con il suo docente di diritto penale, il quale «aveva consigliato la lettura di Dei delitti e delle pene per fare entrare soldi nelle tasche di un qualche collega amico».
«Nel Mezzogiorno la lettura continua ad essere molto meno diffusa rispetto al resto del Paese» dice il rapporto Istat, ma è anche vero che in Italia si legge sempre meno: la quota di persone che annualmente prende un testo in mano per motivi non scolastici o professionali è scesa dal 46,8 per cento del 2010 al 41,4 per cento del 2013. E quasi una famiglia italiana su dieci, a quanto pare, riempie con altri oggetti gli scaffali della libreria.
In questo scenario cupo, l’Istat scorge un «segnale positivo» e invita a non trascurare che «il 6,6 per cento di quanti non hanno libri in casa ma hanno utilizzato internet negli ultimi tre mesi, ha letto o scaricato libri online o e-book». Niente carta, quindi, ma digitale sì, e questa volta senza differenze tra Nord e Sud: l’accesso ai libri attraverso la Rete appare «un fenomeno piuttosto omogeneo a livello nazionale» in termini di percentuali. Un divario sembra invece crearsi sulla base del livello di istruzione, dal momento che ad acquistare libri ed e-book sono «in larga maggioranza le persone laureate». Le statistiche non dicono nulla sul livello delle letture e non parlano mai di strafalcioni. In ogni caso Google ti avvisa che «forse cercavi: Candido di Sciascia».