Intravaia, il nuovo reggente dei Carcagnusi Il ragioniere che «portava avanti la famiglia»

I Carcagnusi non sono rimasti a guardare. Si sono incontrati, hanno discusso di omicidi e droga per rispondere agli arresti e tentare di mantenere stabile il loro ruolo all’interno di Cosa nostra catanese. Gioacchino Intravaia in tutto questo avrebbe avuto un compito di primo piano. Il cognato del boss Nuccio Mazzei – ha sposato la sorella Simona – si sarebbe garantito così «una posizione di rispetto nell’ambiente criminale», scrivono i giudici del tribunale di riesame. I particolari sui nuovi assetti del clan, nato per volontà del capostipite Santo Mazzei, emergono dalle pagine dell’inchiesta Nuova famiglia

Un’indagine partita dopo l’operazione Ippocampo del marzo 2014 che aveva segnato l’inizio della latitanza di Nuccio Mazzei, poi catturato nell’aprile 2015 vicino a Ragalna. A reggere le fila della famiglia, in questo periodo, sarebbero stati tre uomini fidati. Un triumvirato con ruoli specifici. Dalla responsabilità operativa delegata a Carmelo Occhione e a Sergio Gandolfo, fino al ruolo di tesoriere ricoperto, secondo gli investigatori, proprio da Intravaia. «È il ragioniere della famiglia… Anche quando c’era Nuccio, i soldi li dava Gioacchino». Un dettaglio che viene svelato durante un’intercettazione tra due uomini del clan. 

Intravaia, scrivono gli inquirenti, si sarebbe occupato anche di parte dei ricavi del 69 Lune. La discoteca a due passi dal porticciolo di Ognina che funzionava da canale economico della cosca anche dopo l’arresto di William Cerbo, l’uomo con il mito di Scarface. Da dietro le sbarre, Cerbo avrebbe preteso una somma mensile compresa tra duemila e tremila euro. «Una cifra che doveva essere corrisposta – si legge nell’ordinanza – anche se i ricavi del locale non lo avessero consentito».

Il 3 luglio del 2014  Intravaia decide una spedizione punitiva nei confronti di un membro del suo stesso clan. Una scelta che farebbe emergere «il suo potere decisionale». «Botte… Botte forte gli si devono dare», commenta con la moglie. Il destinatario è Michele Isaia, colpevole di essersi cacciato nei guai per una storia di donne. A incaricare un uomo per il pestaggio sarebbe stata direttamente l’indagata Simona Mazzei. Nei nuovi assetti del clan si sarebbe poi riservato un ruolo anche Cristian Marletta, figlio di Simona e nipote di Nuccio. Il suo regno fino al giorno dell’arresto era la zona del traforo – tra via Del principe e via Belfiore – a San Cristoforo. Da qui sarebbe partita la sua scalata. Niente di ereditario: prima bisognava «lavorare» per meritare il ruolo. 

Del tesoriere Intravaia parlano diversi collaboratori di giustizia. Alcuni, come Nicola Tucci, in passato inseriti nello stesso clan. «Durante la mia reggenza – racconta ai magistrati nel 2011 -, mi affiancava Gioacchino». I due, stando ai verbali, avrebbero partecipato – insieme all’altro luogotenente, Carmelo Occhione – ad alcune riunioni di mafia in una casa di via della Concordia. Summit in cui si sarebbe decisa anche l’eliminazione di Angelo Santapaola. Quest’ultimo, reggente della famiglia mafiosa di Cosa nostra catanese, viene però eliminato – insieme a Nicola Sedici – da alcuni santapaoliani del gruppo della Civita, nel settembre 2007

Il nome di Intravaia viene indicato anche negli affari legati alla droga. Fino al 2009, per il collaboratore Salvatore Viola ci sarebbero stati degli accordi tra Santapaola e Mazzei per la vendita della cocaina. «I nostri fornitori – svela Viola – erano Nuccio Mazzei che, insieme a suo cognato Gioacchino, ci vendeva cinque, dieci chili a settimana, proveniente forse dalla Spagna, passando da Napoli». Un affare da circa 45mila euro. Viola racconta anche alcune caratteristiche del cognato di Mazzei: «È uno che piedi piedi si vede poco perché riservato, dà confidenza a persone fidate e prende ordini anche dal suocero Santo Mazzei. Quando non c’era Nuccio, era lui che portava avanti la famiglia».


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