Inserire la fruizione della Rete tra i principi fondamentali di Costituzione e Trattato sullUe, per promuovere l'uguaglianza digitale e ridurre l'esclusione sociale. E' l'obiettivo di due articoli elaborati da Angelo Alù, neolaureato in Giurisprudenza con una tesi sulla cyberlaw in cui ipotizza «una soluzione normativa per intervenire tecnicamente sulla legislazione ordinaria e garantire a tutti quello che oggi è un importante stumento di democrazia». E anticipa di essere già al lavoro per far arrivare la proposta a Roma e Bruxelles
Internet, un manifesto sul diritto di accesso Da Catania due norme contro il digital divide
Due norme per riconoscere il diritto di accesso ad Internet tra i principi fondamentali della Costituzione italiana e del Trattato sullUe e garantirlo allinterno dellordinamento giuridico italiano ed europeo. Per promuovere, nell’era dell’informazione 2.0, un’effettiva uguaglianza digitale e ridurre la nuova esclusione sociale causata dal digital divide e dall’analfabetizzazione informatica e tecnologia. Ad idearle Angelo Alù, 28enne catanese neolaureato in Giurisprudenza e presidente onorario dell’associazione universitaria Logos. Che ha basato la sua tesi di laurea proprio sui temi connessi a Rete e cyberlaw, in cui ha elaborato anche il contenuto di due nuovi articoli: il nuovo 3-bis Cost. Diritto di accesso ad Internet e Uguaglianza digitale e il nuovo 3-bis TUE Diritto di accesso ad Internet nella Società europea dellInformazione. Ipotizzando «una soluzione normativa che intervenga tecnicamente sulla legislazione ordinaria, per permettetere a tutti di accedere effettivamente a quello che oggi è un diritto fondamentale», spiega l’ideatore. Per questo, ha lanciato un manifesto di presentazione – sottoscrivibile online e firmato già da più di 120 persone tra cui esperti del diritto e professionisti della cultura – per portare queste due proposte di legge a Roma e a Bruxelles.
Un’iniziativa – «realizzata grazie al supporto e il sostegno di autorevoli esperti» – nata dopo due anni di studio e ricerche che Alù ha portato avanti per scrivere la sua tesi di laurea, in cui ha affrontato i vari temi connessi ad Internet e cyberlaw. Da questo lavoro è emerso come, nonostante oggi la Rete rivesta «un ruolo primario nel cambiamento globale della società, la legge ordinaria non ne garantisce la fruizione come diritto inderogabile perché manca un’attuazione applicativa concreta», afferma. L’Ue, infatti, lo considera sì un diritto, ma Parlamento italiano e Commissione europea non predispongono negli atti giuridici «misure concrete per realizzare gli obiettivi perseguiti».
Eppure al giorno d’oggi, il web rappresenta uno «strumento indispensabile per promuovere una reale democrazia, che, per questo, deve essere assimilata ai diritti fondamentali come quello all’istruzione e alla libertà d’espressione», sottolinea Alù. Proprio perché, nell’era del villaggio globale, grazie ad Internet è possibile «accedere più facilmente all’informazione, ampliare il dibattito politico, realizzare attività commerciali, diffondere il valore della conoscenza e garantire lesercizio effettivo di molti altri diritti fondamentali, individuali e collettivi, che si manifestano nel cyberspazio», spiega l’ideatore. Anche alla luce della progressiva diffusione dei «processi sperimentali di e-democracy e di e-governmen da parte delle istituzioni, che contribuiscono e rafforzare la cittadinanza attiva e la partecipazione». Da cui però chi non ha accesso al World Wide Web – anche per ragioni economiche o geografiche – resta inevitabilmente escluso.
Ed è proprio l’esclusione digitale una delle motivazioni alla base della necessità di eleborare una nuova regolamentazione. «Secondo i dati del rapporto Banda Larga e Reti di Nuova Generazione, l’Italia è al quart’ultimo posto in Europa per numero di utenti che possono accedere alla Rete e ai servizi connessi», spiega Alù. Nel nostro paese, infatti, quasi tre milioni di persone si trovano in una condizione di digital divide (ancora molto diffuso ad esempio tra periferia e aree urbane) e solo in Sicilia la percentuale è pari a circa il 2,6 per cento della popolazione residente. Dati che «evidenziano un preoccupante ritardo tecnologico che alimenta le nuove disuguaglianze sociali e rende sempre più elevato il tasso di analfabetizzazione digitale già esistente», sottolinea il promotore. Questi individui, infatti, sono esclusi a monte da moltissimi diritti manifestabili online.
Da qui la necessità di proporre, a livello italiano ed europeo, due nuovi articoli che possano regolamentare l’accesso alla Rete come un principio fondamentale, «piuttosto che continuare a lanciare direttive comunitarie soggette al recepimento Italia, che fino ad adesso si sono dimostrate un insuccesso», spiega Alù. «Gli interventi normativi a livello di legislazione ordinaria – continua – non bastano a garantire questo diritto, ma bisogna formularlo nellambito dei valori universali e inderogabili dell’ordinamento giuridico». Con strumenti che possano «orientare e vincolare concretamente lattività normativa del legislatore», afferma l’ideatore.
Secondo la normativa proposta da Alù, il primo passo da compiere per garantire il diritto d’accesso ad Internet riguarda lo sviluppo omogeneo della banda larga in tutto il Paese. Da realizzarsi attraverso l’intervento diretto dello Stato, «che deve impegnarsi ad investire risorse per la diffusione di infrastrutture a banda larga e servizi efficienti di connessione su tutto il territorio, per assicurare l’utilizzo effettivo (e possibilmente gratuito) di Internet, nuove tecnologie, servizi informatici e telematici», afferma il promotore. In modo da garantire «leffettiva inclusione delle persone al processo sociale e politico che si realizza tramite la Rete, per favorire la partecipazione attiva dei cittadini alla società dellinformazione». Con benefici per l’intero sistema economico. «Questo tipo di investimento – sottolinea Alù – è prioritario perché è dimostrato che l’assenza di infrastrutture a banda larga è una tra le cause del mancato sviluppo e crescita economica di un paese».
Lanciato il manifesto online – a cui è possibile arrivare anche attraverso una pagina Facebook e un account Twitter – adesso Alù si sta muovendo per far arrivare la proposta normativa alle istituzioni. «Abbiamo già presentato una petizione ufficiale al Parlamento europeo – spiega – da cui ci hanno fatto sapere che stanno analizzando i documenti e che a breve ci confermeranno la possibilità di attuare una trattazione pubblica». A livello italiano, invece, le acque si muovono più lentamente. «In Italia soffriamo della classica inerzia assoluta della classe politica», afferma Alù. Nonostante «l’invio di diverse email ai nostri rappresentanti istituzionali, dal Parlamento non abbiamo ancora avuto nessuna risposta», racconta.
Ma secondo il promotore, la strada per arrivare a Roma passa anche da altre vie. Tra cui quella della diffusione. «C’è in programma di organizzare a brevissimo un convegno di presentazione a Catania a cui interverrano numerosi addetti ai lavori», anticipa Alù. Attraverso cui, grazie al «supporto degli esperti, intraprendere una battaglia tematica per sensibilizzare opinione pubblica e politica, e provare a portare la discussione in Parlamento».