Le fiamme che hanno distrutto 14 secoli di storia e arte. Travagliato: «Non dobbiamo abituarci a tutto questo»

L’emergenza incendi in Sicilia sta scemando, con gli ultimi focolai che si ostinano a bruciare, ma sono già evidenti le cicatrici lasciate da quello che ogni anno è ormai un triste appuntamento. Ma che mai come lo scorso 25 luglio ha inferto danni così gravi soprattutto a Palermo, dove si sono registrate anche tre vittime. Decine le case distrutte, col fuoco che ha raggiunto i centri abitati e per la prima volta ha aggredito porzioni importantissime del patrimonio storico e artistico palermitano. L’attentato più grave è stato quello alla chiesa della borgata di Santa Maria di Gesù, ai piedi di monte Grifone, cuore pulsante del convento dei frati riformati minori osservanti dove operarono e morirono il Beato Matteo vescovo di Agrigento e San Benedetto il Moro, le cui reliquie erano custodite proprio all’interno dell’edificio di culto.

Della chiesa – la cui costruzione, insieme al convento, risale alla prima metà del Quattrocento – oggi restano solo le mura perimetrali e poco più. Devastato il meraviglioso soffitto ligneo, che è crollato sotto i colpi delle fiamme. «Abbiamo un patrimonio immenso che tutti ci invidiano, di cui ci riempiamo tanto la bocca eppure, davanti a un fatto del genere, che le indagini ci diranno se di causa accidentale o dolosa e delittuosa, restiamo impotenti – dice a MeridioNews Giovanni Travagliato, docente di Storia dell’arte medievale dell’Università di Palermo e coordinatore del corso di laurea magistrale in Storia dell’Arte dello stesso ateneo – La chiesa quattrocentesca con il suo soffitto ligneo, il coro e l’organo, molti arredi, statue e dipinti dal XV al XIX secolo sono andati perduti. E non possiamo abbassare la guardia nella fase della ricostruzione e del recupero, perché non si tratta della basilica di Assisi per cui a suo tempo si sono mossi tanti poteri».

Colpito dall’incendio anche un quadro di Pietro Novelli, uno dei principali artisti siciliani del Seicento, mentre sono state messe in salvo le reliquie di San Benedetto, co-patrono della città di Palermo. Adesso si guarda alla ricostruzione e al recupero della struttura, anche se i timori non sono pochi. «Il rischio è che la chiesa resti a lungo abbandonata in queste condizioni – prosegue il professore – Non lasciamo sola la comunità francescana e i fedeli della borgata, che non hanno grandi risorse a disposizione. C’è bisogno di una denuncia forte di quello che è avvenuto, non rassegniamoci né abituiamoci al fuoco che puntualmente si presenta ogni anno di questi tempi e continua a erodere il patrimonio naturalistico, archeologico e adesso anche storico-artistico. Non dobbiamo pensarla come una cosa normale, perché non lo è».

«Finora è andata bene e si è pianto solo con un occhio – conclude Travagliato – Questa volta, però, non solo ci sono state vittime, ma questo importantissimo patrimonio, il centro aggregante e la memoria positiva di un quartiere di cui conosciamo le difficoltà, è andato a fuoco così, sotto gli occhi di tutti. Si era impreparati. Davanti a questi eventi catastrofici ci domandiamo se davvero serva sensibilizzare centinaia di giovani universitari all’anno a conoscere, salvaguardare, valorizzare, restaurare, promuovere il patrimonio. Voglio pensare che ne valga la pena e continueremo a farlo. I piromani ottusi e autolesionisti che pianificano la distruzione del comune patrimonio naturalistico e culturale sono solo una minoranza e non devono avere la meglio».


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