In viaggio con Enrico

Le stazioni di una via crucis chiamata “ferrovia siciliana”, aeroporti con piste buone per i boeing ma mai aperti, acceleratori di particelle nati all’ombra del vulcano dalle pendici del quale un ragazzo di trent’anni parte per il mondo su una bici alla scoperta della diversità e in nome della pace. E ancora: la creatività di un architetto ecuadoregno e quella dei writers catanesi accanto ai sogni dei bambini dell’Antico Corso, costretti a scavalcare un portone sbarrato per sentirsi a casa. Bambini come quelli ospitati dalla Cooperativa Prospettiva che però vengono da molto più lontano, senza biglietto di ritorno: sono i minori stranieri non accompagnati. Questa è la Sicilia con le sue ormai logore contraddizioni, che però non smettono di sollecitare la nostra curiosità (e talvolta la rabbia dei nostri vent’anni) e di far da volano al nostro entusiasmo, “l’ingrediente speciale dei nostri pezzi” come hai scritto tu. Lo stesso entusiasmo dei tre giovani reporter che abbiamo intervistato al Festival internazionale di giornalismo dopo il loro viaggio a L’Aquila dopo il terremoto.
 
Per questo, per salutarti e ricordarti, abbiamo confezionato questo speciale sull’idea di viaggio come percorso, cammino di insidie, false partenze, ma anche di crescita e cambiamento.
Le parole della nostra dedica le ha suggerite Alberto, durante la riunione del giovedì in aula 24. Ci sembrano le migliori per dire che tu da qui non te ne sei mai andato e che vivi dentro le cose che ogni giorno ci sforziamo di raccontare, nonostante i tempi in cui all’interno dell’Università sembra esserci poco spazio per i progetti innovativi, capaci di valorizzare la fantasia e il talento:
 
Il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono. E anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione. Quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia e ha detto: “Non c’è altro da vedere”, sapeva che non era vero. Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si è visto in estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva, vedere le messi verdi, il frutto maturo, la pietra che ha cambiato posto, l’ombra che non c’era. Bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre. Il viaggiatore ritorna subito (Josè Saramago).

Ciao Enrico, continuiamo a camminare.


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