Cronaca

I luoghi in cui i rifiuti diventano risorse. Kalat Ambiente: «Nei nostri impianti non si butta via niente»

Ci sono luoghi in cui l’economia circolare smette di essere solo un concetto astratto e diventa pratica di un modello del ciclo dei rifiuti sostenibile e antitetico a quello lineare dell’usa e getta. Uno di questi luoghi è l’impianto di compostaggio di Kalat Ambiente Srr, l’ente che nel territorio del Calatino (in quindici comuni della provincia di Catania) si occupa della pianificazione, della programmazione e dell’affidamento della gestione del ciclo integrato dei rifiuti. Nella precedente puntata della rubrica Fai la differenza, abbiamo raccontato il viaggio dei sacchetti dal marciapiede davanti casa fino agli impianti di destinazione finale. Luoghi in cui i rifiuti non sono più scarti ma diventano risorse pronte a reintrodursi nel ciclo produttivo e a creare nuovo valore. «In pratica, nel nostro impianto di compostaggio non si butta via niente – spiega l’ingegnere Salvo Ilardi che è il responsabile dell’area tecnica di Kalat Ambiente Srr – Ed è così che il cerchio dell’economia circolare si chiude perfettamente: ciò che è stato scartato dai cibi torna alla terra e serve per le nuove coltivazioni locali di frutta, verdura e grano».

Dalla terra alla terra

Bucce di frutta, foglie scartate dalle verdure e resti di vari cibi, nell’impianto di compostaggio di Kalat Ambiente Srr, diventano un fertilizzante naturale che viene donato agli agricoltori locali che lo usano per le loro coltivazioni. Ma come avviene la trasformazione? «È un iter che, in tutto, dura novanta giorni – chiarisce Ilardi – e che è suddiviso in diverse fasi». Come prima cosa, quando il sacchetto con dentro gli scarti dell’umido arriva nell’impianto di compostaggio viene miscelato con frazioni lignocellulosiche (scarti secchi derivanti da vegetali, come per esempio ramaglie e potature). Una miscelazione che serve a dare più struttura al materiale. «Questa combinazione – prosegue l’ingegnere nella spiegazione – viene poi triturata e depositata dentro le corsie del capannone dove viene insufflata dell’aria». Questo perché l’impianto di Kalat Ambiente Srr – progettato alla fine degli anni Novanta ed entrato in funzione nel 2006 – è di tipo aerobico, ovvero non produce energia dai rifiuti a differenza di impianti più moderni. «Insufflata l’aria, segue poi una fase di biossidazione che dura circa sessanta giorni – aggiunge il responsabile dell’area tecnica di Kalat Ambiente Srr – durante i quali il materiale viene ossigenato e rivoltato con le pale meccaniche». A questo punto, si entra nella fase della vagliatura: quella in cui il materiale viene vagliato, cioè vengono estratte le frazioni estranee (tipo il sacchetto che conteneva l’umido) e poi si passa alla raffinazione con maglie sempre più piccole. Dopo essere stato raffinato, il materiale va in maturazione per circa trenta giorni. «Superata la fase di maturazione – prosegue Ilardi – si fanno i prelievi per il campionamento da inviare per le analisi che servono a validare la qualità per il passaggio successivo». Da qui in avanti, lo scarto non è più un rifiuto.

Dal rifiuto al dono

Se dalle analisi del laboratorio il prodotto risulta di qualità, Kalat Ambiente Srr lo regala ai florovivaisti e agli agricoltori locali che lo reimpiegano per le loro coltivazioni come fertilizzante naturale. Dalla frutta alla verdura e dagli ortaggi ai cereali. «Molti di loro – commenta l’ingegnere – si sono proprio affezionati perché, utilizzando il nostro ammendante, hanno arricchito i terreni di sostanze organiche e hanno avuto ottimi risultati sia per le colture a pieno campo che per le produzioni specifiche. Per questo – aggiunge soddisfatto – tornano sempre a ritirarlo nel nostro impianto». Ed è questo il passaggio che permette di chiudere il cerchio dell’economia circolare. «Del resto – aggiunge Ilardi – non abbiamo fatto altro che mettere in pratica a livello industriale quello che i nostri antenati facevano quando ancora non esisteva la raccolta dell’umido». Tempi in cui gli scarti alimentari venivano lasciati in una apposita buca scavata nel terreno come compostaggio domestico. Una pratica antica ma sempre valida che Kalat Ambiente Srr sta cercando di far rivivere in alcune zone periferiche dei diversi territori del Calatino. «A tutte le utenze che abitano nelle zone più esterne della cintura urbanizzata – sottolinea l’ingegnere – abbiamo dato una compostiera domestica in modo tale che possano prodursi da soli l’ammendante da usare nel proprio giardino o nel proprio orto». Con un doppio vantaggio: produzione in proprio del compost senza sprechi e abbattimento dei costi di raccolta differenziata.

La tecnologia al servizio dell’ambiente

Kalat Ambiente Srr è proprietaria anche di un impianto per la selezione e il trattamento del rifiuto secco che si trova nella zona industriale di Grammichele. Carta, cartone, plastica, metallo e vetro dovrebbero essere trattati qui. E così è stato fino al 2021. Quando l’impianto è stato distrutto dalle fiamme di un incendio su cui sono ancora in corso le indagini per stabilire se sia stato di natura dolosa. «Al momento, purtroppo è inattivo – dichiara il responsabile dell’area tecnica – ma, di recente, abbiamo ricevuto un finanziamento da parte della Regione e, a breve, pubblicheremo un bando per la gara d’appalto». Un nuovo inizio che non sarà solo una ricostruzione per ripartire da dove si era lasciato ma anche un ammodernamento per fare in modo che l’impianto rispetti i parametri richiesti dai consorzi di filiera. «Sarà dotato di selettori ottici per lo smistamento delle frazioni di imballaggi in plastica, sia rotolanti che piatti, e di macchine per gli imballaggi metallici. Insomma – conclude l’ingegnere Ilardi – utilizzando tutte le tecnologie più moderne, si passerà da una selezione manuale a una selezione automatizzata dei rifiuti».

In collaborazione con Kalat Ambiente Srr

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