Tredicimila minori non accompagnati, 72mila presenze su tutto il territorio nazionale, 170mila arrivi nel 2014, già 40mila nel 2015 con la stagione più pesante, quella estiva, ormai alle porte. Di questi, diecimila solo a Lampedusa. I numeri del dramma dell’immigrazione irregolare parlano da soli. Eppure, a Bruxelles sembrano aumentare i dubbi e i distinguo dei ministri degli Esteri presenti al consiglio dell’Ue per discutere dell’immigration sharing.
Al seminario Siamo tutti Mediterranei in corso a Villa Malfitano, a Palermo, il sindaco delle Pelagie, Giusy Nicolini, ha messo le cose in chiaro. «Fissare la quota massima a 20mila è ridicolo. In mare ci sono già stati 23mila morti ma questo non ha certo fermato i flussi – dice -. È vergognoso che la fortezza Europa abbia stabilito che neppure chi scappa da una guerra può venire a chiederci aiuto. Ed è semplicemente assurdo pensare di risolvere tutto bombardando le imbarcazioni e causando altri morti».
«Lampedusa è il luogo simbolo della battaglia per cambiare le politiche migratorie e di asilo dell’Europa. Una politica comune del Mediterraneo si può costruire solo se tutti sentono l’appartenenza a questo mare. La retorica dell’accoglienza non mi piace. In passato c’è stata qualche incomprensione con Malta – ha aggiunto Nicolini non senza una nota polemica -, vedo che finalmente anche loro si stanno rendendo conto di cosa vuol dire l’accoglienza. Visitare i luoghi dell’accoglienza significa comprendere che i vari Salvini e Le Pen non appartengono più al nostro tempo, sono l’archeologia, sembrano ciechi».
Per il sindaco di Lampedusa occorrono soluzioni ad ampio raggio. «Intervenire sui paesi in guerra e sulla tratta di esseri umani, migliorare la cooperazione internazionale e la tutela del mare, dell’ambiente e della pesca». Ma non solo: al pari di quanto sostiene il governatore Rosario Crocetta, «servono politiche di sostegno e risarcimento per quei territori che sono stati violati in nome di politiche ingiuste e disumane».
Altra terra di frontiera è sicuramente Malta. Se la proposta sulle quote obbligatorie dovesse passare, il ministro dell’isola di Gozo, Anton Refalo, propone di basarla essenzialmente su due criteri, economici e democratici: «La carta delle Nazioni Unite dice che gli Stati sono tutti uguali ma alcuni Stati, purtroppo, sono più uguali degli altri. Sappiamo che tanti immigrati vogliono comunque imbarcarsi nonostante le continue morti in mare. Preferiscono scegliere un barcone che molto probabilmente affonderà piuttosto che cercare di sopravvivere alla guerra».
«L’impatto dell’immigrazione a Malta – ha continuato Refalo – è più alto rispetto agli altri Stati membri dell’Unione Europea, ovviamente sulla base della popolazione e del Pil. Nel 2013 abbiamo accolto più di duemila immigrati clandestini, che, in proporzione, sarebbero un milione e mezzo in Germania, più di un milione in Francia e un milione in Italia. Gli Stati membri devono accogliere gli immigrati in base alle proprie condizioni economiche e demografiche. Noi vogliamo fare la nostra parte ma accogliamo con grande favore la proposta dell’immigration sharing. È ora che l’Ue proponga soluzioni comuni perché nel Mediterraneo stiamo assistendo a un disastro che non è come il terremoto in Nepal ma è voluto dall’uomo».
Il direttore generale dell’Asp di Palermo, Antonio Candela, ha fatto il punto sulla situazione sanitaria: «L’Asp è competente a Palermo e nelle Pelagie, in particolare a Lampedusa. Sgombriamo il campo da ogni equivoco: le condizioni dei migranti sono buone, vengono tutti visitati e non c’è alcuna pandemia. Tante volte siamo costretti a fronteggiare sbarchi di centinaia di persone in due, massimo tre ore».
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