Catania come un «importante e strategico crocevia del narcotraffico». È quanto emerge dall'operazione Capricornus che ha portato all'arresto di 21 persone. Due distinti gruppi ma collegati e organizzati come associazioni temporanee di impresa. Guarda il video
Il regno del narcotraffico tra S. G. Galermo e Monte Po Droga consegnata a domicilio e corona esposta in casa
«Un importante e strategico crocevia del narcotraffico». È questa la fotografia di Catania che emerge dall’operazione Capricornus che ha portato questa mattina all’arresto di 21 persone ritenute tutte, a vario titolo, responsabili dei reati di associazione per delinquere finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti. Due distinti gruppi ma collegati tra loro, uno con base a San Giovanni Galermo e uno a Monte Po organizzati in vere e proprie joint venture criminali tra narcotrafficanti catanesi ed esponenti delle ‘ndrine calabresi per l’approvvigionamento di cocaina e palermitani per l’acquisto di marijuana.
Le indagini, coordinate dalla dalla direzione distrettuale antimafia etnea e condotte dalla sezione antidroga della squadra mobile, hanno coperto l’arco temporale che va dall’ottobre del 2015 al giugno del 2016. L’operazione prende il nome dalla strada – via Capricorno nel quartiere San Giovanni Galermo – dove viene installata la prima telecamera delle forze dell’ordine. L’obiettivo riprende la casa di Carmelo Scilio, ritenuto dagli inquirenti il promotore e l’organizzatore di tutta la struttura.
«È dalla visione di quelle immagini che abbiamo notato – spiega il capo della squadra mobile Antonio Salvago – che lì entrava un soggetto già controllato per altre indagini. Questo ci ha fatto intuire che Scilio avesse ripreso un ruolo di vertice». All’interno dell’abitazione, utilizzata come base logistica, in bella mostra su una vetrinetta, c’è una corona dorata con diademi rossi, in stile chick inglese. «Non è tanto il valore reale dell’oggetto ad avere significato, ma quello simbolico – fa notare Salvago – che attesta la sicurezza e la smania di mostrare di essere regnanti, di avere potere nell’ambiente criminale».
I gruppi avrebbero creato vere associazioni temporanee di impresa per trafficare la droga con professionalità e mantenere stabili le attività tra fornitori e acquirenti. Stando a quanto ricostruito dagli inquirenti, la cocaina sarebbe stata consegnata a domicilio a casa di Scilio da Vincenzo Lo Gatto e Domenico Prestia, entrambi di Vibo Valentia, per conto di altri fornitori calabresi non identificati. Alla vendita al dettaglio, poi, ci avrebbero pensato Davide Marchese, Antonio Mangano e Gaetano Coppola. La marijuana, invece, sarebbe arrivata direttamente dall’area palermitana portata a casa di Scilio dai fornitori di Partinico Salvatore Minore e Salvatore De Simona. Ad acquistarla sarebbero stati poi Mario Narduzzi (operante nella zona di Picanello) e Alessandro Tomaselli. «In cambio i palermitani dai catanesi hanno comprato, qualche volta, della cocaina», sottolineano dalla squadra mobile.
Il regno del narcotraffico etneo non sarebbe finito lì, estendosi anche al quartiere Monte Po. Lì altre telecamere puntano sulla casa di Salvatore Anastasi e registrano il coinvolgimento suo e del figlio Massimiliano in un articolato traffico di cocaina, in parte alimentato dagli stessi fornitori della compagine che fa capo a Scilio. Anche in questa abitazione lo stupefacente sarebbe stato consegnato direttamente agli Anastasi (o a loro delegati), in quanto referenti dei fratelli Domenico e Francesco Mammoliti, detti Fischiante e appartenenti all’omonima cosca di San Luca (in provincia di Reggio Calabria).
Una ‘ndrina balzata alle cronache già negli anni Settanta per i sequestri di persona. Dopo un iniziale investimento nell’edilizia, avrebbero poi scelto la via della droga decisamente più redditizia. I Mammoliti avrebbero avuto un asse consolidato con il Sud America e con la Colombia: «In particolare hanno trattato – spiegano gli inquirenti – con un cartello colombiano di cui hanno guadagnato la fiducia pagando con i contanti che si portavano all’interno di valigette 24 ore». I due fratelli avrebbero delegato le consegne a domicilio a Catania a vari corrieri, tra i quali Domenico Pellegrino, Vincenzo Scarfone e Giuseppe Cardaciotto, che «come tutti calabresi coinvolti si muovono a Catania come fossero a casa loro, a testimonianza del fatto che – precisano dalla squadra mobile – si parla di rapporti già ben sperimentati e consolidati».
Nel corso dell’attività di indagine, sono stati effettuati arresti e sequestri di stupefacenti «perché – spiegano gli inquirenti – in quest’ambito è fondamentale agire su un doppio binario: da una parte i narcotrafficanti e, dall’altra, le piazze di spaccio». In particolare, il 22 marzo del 2016, personale del commissariato di Mazara del Vallo (in provincia di Trapani) ha arrestato il mazarese Aldo Ferro (classe 1969) perché trovato in possesso di 50 grammi di cocaina. Poco più di due mesi dopo, il 31 maggio, la polizia stradale di Catenanuova ha arrestato Alfredo Fischietti (classe 1970): nella sua macchina trasportava un chilo di cocaina.