Ci sono pareggi e pareggi. Il punto conquistato dal Palermo nella gara interna con il Bari nell’ultimo appuntamento del 2020 è diverso da quello rimediato domenica scorsa sul campo della Vibonese. In Calabria i rosanero hanno ottenuto un pari con un retrogusto amaro riconducibile alla consapevolezza di avere sprecato un’occasione. Quello conquistato al Barbera con i pugliesi (1-1 il risultato finale) è invece un buon punto, che la squadra ha strappato meritatamente al culmine di una prestazione positiva contro una corazzata del campionato costruita da una dirigenza ambiziosa per recitare un ruolo da protagonista.
Prendendo in prestito come spesso accade in questi casi la terminologia della boxe potremmo anche dire che i rosa, scesi in campo con la casacca (bianca e blu) celebrativa del 120esimo anniversario della fondazione del club, ai punti avrebbero meritato anche qualcosa in più del pareggio per il numero di occasioni create soprattutto nel primo tempo. Ma nonostante il rammarico per la mancata vittoria, gli uomini di Boscaglia hanno comunque dei motivi per cui sorridere ed essere soddisfatti. Il gol realizzato all’88’ da Lucca (entrato al 73’ al posto di Rauti) con un bolide su una punizione da fuori area finito sotto il sette della porta difesa da Frattali premia gli sforzi compiuti dai padroni di casa che, sotto di un gol al tramonto del primo tempo alla luce dell’acuto dell’esterno offensivo D’Ursi abile a superare Pelagotti sfruttando una palla vagante in area di rigore sugli sviluppi di un rimpallo, hanno lottato senza mai risparmiarsi facendo il possibile prima di tutto per vincere la partita e poi, nel momento in cui la strada è diventata in salita, per portare a casa un risultato positivo, utile soprattutto per il morale.
C’è tanta roba nel bagaglio che il gruppo porterà con sé nei prossimi giorni di vacanza in concomitanza con le festività natalizie: c’è la consapevolezza di potere interpretare schemi diversi dal modulo base (e lo dimostra il fatto che ha funzionato l’iniziale 4-1-4-1 disegnato da Boscaglia con Palazzi schermo davanti alla difesa in una posizione leggermente più arretrata in mediana rispetto a Odjer – vittima nel finale, secondo la sua versione, di un episodio a sfondo razzista che avrebbe avuto come protagonista l’attaccante Antenucci – e Luperini con Kanouté e Rauti a presidiare le corsie esterne a supporto di Saraniti) e che il gap di tredici punti dal Bari sancito dalla classifica in realtà è bugiardo. Il Palermo ha dimostrato che, se ha la testa giusta e se è in giornata, nella partita secca può giocarsela alla pari con chiunque. Il problema, tuttavia, è il solito e riguarda il fatto che nel quadro all’interno del quale fotografiamo le partite della compagine di Boscaglia alcune macchie, più o meno grandi, sporcano molto spesso quei colori che la squadra a volte riesce ad esaltare anche in maniera brillante.
Se ad esempio avessero mostrato maggiore cinismo sotto porta – il riferimento, in questo caso, è alle occasioni sprecate da Rauti e Luperini rispettivamente nel primo e nel secondo tempo con due colpi di testa ad un passo dal portiere – i rosanero avrebbero potuto cambiare l’inerzia del match. Una sfida nella quale il Bari, squadra esperta e sorniona, senza incantare sul piano di una manovra impostata più che altro per sfruttare le ripartenze facendo leva sull’estro degli esterni d’attacco Marras e D’Ursi, sembrava quasi aspettare da un momento all’altro l’errore del Palermo. Come se i biancorossi, privi dello squalificato Montalto e degli indisponibili Citro e Minelli, avessero sentore della latente vulnerabilità di un avversario (anche sfortunato come dimostrano gli infortuni rimediati nel corso della gara dai difensori centrali Marconi e Lancini) accompagnato ancora da lacune, sia strutturali sia quelle legate alla qualità di alcuni singoli, che ad intermittenza si manifestano vanificando nel contesto della partita il buono che la stessa squadra sa produrre.
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