Nessun recupero delle salme del naufragio del 18 aprile scorso in cui avrebbero peso la vita circa 800 migranti. Resterà, almeno per il momento, in fondo al mare il relitto del peschereccio colato a picco a largo delle coste libiche, quando si trovava a circa 77 miglia dalle coste italiane tra le isole di Malta e Lampedusa. A prendere questa decisione è stato il procuratore capo di Catania Giovanni Salvi. Il magistrato pugliese è il titolare dell’inchiesta sulla tragedia. Una delle più grandi, tra quelle avvenute in mare,di tutti i tempi.
«Non è utile alle indagini – spiega Salvi, intervistato sulle pagine del quotidiano La Repubblica – e poiché il recupero comporterebbe spese enormi se lo vuole fare il governo o altri per motivi umanitari va bene». Parole che hanno suscitato la dura presa di posizione di Cristophen Hein, presidente del Cir – centro internazionale Rifugiati – e di Giovanna Di Benedetto di save the Children. Sono infatti numerose le chiamate che arrivano ai volontari del centro d’ascolto della Croce rossa da parte di persone che cercano informazioni sui propri cari.
Sulla decisione di Salvi è arrivato anche il commento del ministro dell’Interno Angelino Alfano. «Per mandare a giudizio gli scafisti non serve recuperare l’imbarcazione – ha spiegato all’agenzia Ansa -. Ma questo non toglie che il governo possa fare tutte le ricerche che gli competono in quanto governo e non dal punto di vista giudiziario. Sono due aspetti distinti e separati, quindi – ha concluso Alfano – non va strumentalizzata una decisione che è una decisione tecnica».
Sul banco degli imputati restano il presunto comandante tunisino Mohammed Alì Malek e l’aiuto scafista siriano Ahmud Bikhit, accusato di essere l’uomo che faceva rispettare gli ordini durante la traversata. Proprio nei giorni scorsi alcuni sofisticati mezzi della Marina militare erano stati calati nella zona dell’inabissamento per scandagliare il fondale. Le immagini che mostravano numerosi cadaveri all’interno dello scafo, corpi anche nel ponte più basso, uno pure nei pressi del relitto, avevano confermato il racconto dei superstiti. Le indagini preliminari si sono intanto concluse. Dopo dodici interrogatori l’accusa ha confermato la dinamica di quanto accaduto, frutto di una serie di concause: il sovraffollamento e le errate manovre che portarono alla collisione con il mercantile portoghese King Jacob.
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