Il rettore dell'Ateneo di Palermo traccia un bilancio del suo settennato e spiega: «Il sistema universitario ha le carte in regola per essere il fulcro della rinascita del Sud Italia». Il suo futuro? «Tornerò a lavorare al Policlinico». Ma non esclude la possibilità di un ingresso nell'agone politico
Il Mezzogiorno, l’Università e la fuga di cervelli Lagalla: «Il 39% dei nostri laureati lavora altrove»
«Il sistema universitario ha le carte in regola per essere il fulcro della rinascita del Sud Italia». Lo ha detto il rettore uscente dell’Università di Palermo, Roberto Lagalla, tracciando un bilancio del suo settennato. Oggi ha voluto incontrare i giornalisti per raccontare lo stato dell’arte in cui lascia l’Ateneo e a chi chiede cosa farà dopo risponde ironicamente «vorrei andare ai giardinetti». Il futuro è al Policlinico dove tornerà a lavorare, anche se non sembra chiudere la porta alla possibilità di una discesa in politica. «Mi limiterò ad osservare attentamente gli scenari che si apriranno – puntualizza -. Per entrare in politica ci vorrebbe un candidato e delle elezioni e per adesso non ci sono nessuna delle due condizioni».
A proposito dell’agenda politica nazionale spiega: «Finalmente da qualche tempo è stata messa in rilievo la questione meridionale. Ho ribadito ogni anno come lo sviluppo di questo Paese passi anche e soprattutto dalle Università – ha sottolineato -. Ma un recupero vero del Sud, io mi auguro possa essere ispirato da un impiego fruttuoso dei fondi strutturali 2014/2020. Le Università del Mezzogiorno costituiscono un elemento di recupero per il Sud, sono state le uniche istituzioni che hanno svolto una reale competizione a livello nazionale. Abbiamo usato i criteri di valutazione nazionale seppur sapevamo ci avrebbero penalizzato. Accettando quel principio di valutazione nazionale, le Università del Sud hanno perso il 18.8% di finanziamenti statali, ma nonostante tutto noi abbiamo risanato il bilancio».
«Si dice – ha aggiunto – che l’Università di Palermo sta perdendo studenti, in realtà non è così. Stiamo accompagnando, grazie a percorsi studiati, i fuori corso del vecchio ordinamento alla laurea, anche se progressivamente sono proprio quelli che non si riscrivono». Il 39 per cento dei laureati a Palermo e in Sicilia, secondo il rettore, vanno a lavorare altrove, quindi «noi formiamo laureati che portano il loro bagaglio culturale altrove». E dal 2012 il numero di iscritti all’Ateneo palermitano è perlopiù lo stesso.
«Il Censis – ha aggiunto – attesta al quinto posto l’Università di Palermo tra i mega Atenei. Questa Università ha lavorato anche bene per l’internazionalizzazione. Abbiamo il dovere – ha spiegato – di valorizzare quello che può essere un nuovo punto di start up, lavoriamo partendo dai punti di forza della Sicilia. Non dobbiamo scoraggiare i nostri ragazzi dicendo che il loro futuro è altrove, cerchiamo di trattenerli». E in merito ai progetti in cantiere, in particolare sul San Paolo Palace, ha annunciato: «Insieme all’Agenzia dei beni confiscati abbiamo dato avvio a un bel percorso e proprio in questi giorni è prevista un’operazione a stralci per spostare le attività che si svolgono all’Albergo delle Povere al San Paolo e destinare alcuni spazi alberghieri per gli studenti stranieri».