Nuova perquisizione da parte degli uomini della direzione investigativa antimafia di Trapani nell’ala privata di palazzo Pignatelli a Castelvetrano dove vive Gianfranco Becchina, mercante internazionale di opere d’arte e reperti di valore storico, accusato di essere vicino al latitante Matteo Messina Denaro e raggiunto mercoledì scorso da un provvedimento di sequestro di svariati milioni di euro. Ieri gli agenti della Dia, nel corso del nuovo intervento, hanno eseguito diversi rilievi fotografici e prelevato parecchio materiale adesso al vaglio degli investigatori. Passato al setaccio il deposito dove mercoledì scorso era divampato un incendio.
Le indagini, coordinate dal procuratore di Palermo Francesco Li Voi e dal sostituto Geri Ferrara, hanno portato al sequestro di parecchie società riconducibili a Becchina e ai suoi familiari. Spicca tra tutte l’azienda Olio Verde, conosciuta in tutto il mondo per l’esportazione di olio di nocellara del Belice e vincitrice di parecchi premi. Lo stesso Becchina si vantava di aver fatto arrivare il suo olio alla Casa Bianca. Sigilli anche alla Becchina & Company che si occupa di commercio al dettaglio di prodotti alimentari; alla Demetra srl, società di produzione, confezionamento e deposito di pizze surgelate e infine alla Palladion Antike Kunst fondata da Becchina dirante la sua permanenza a Basilea, in Svizzera.
Secondo gli investigatori, l’imprenditore avrebbe accumulato un immenso patrimonio anche grazie a un trentennio di traffici illeciti. A Roma, Becchina è finito a processo per traffico internazionale di reperti archeologici, conclusosi nel 2011 con la prescrizione, che però non gli ha evitato la confisca di migliaia di pezzi custoditi dal commerciante d’arte a Basilea. I legami con la mafia invece sono emersi dalle indagini condotte nei confronti dell’imprenditore Rosario Cascio, che hanno portato alla confisca della Atlas cementi srl, costituita da Becchina nel 1987.
Becchina ha sempre respinto ogni accusa che lo accostasse a Cosa Nostra e in particolare a Messina Denaro. Ma a parlare di questi legami sono stati diversi pentiti. Gli ultimi a confermarli sono Giuseppe Grigoli, ex patron dei supermercati Despar, prestanome del boss castelvetranese, e Lorenzo Cimarosa, cugino acquisito del latitante. Nel corso dei suoi interrogatori, Grigoli ha parlato di buste di denaro da consegnare proprio a Matteo Messina Denaro. Lo scambio, secondo le sue parole, avveniva all’interno degli uffici dell’ex 6Gdo, catena della grande distribuzione confiscata proprio a Grigoli. Becchina avrebbe consegnato le buste a Grigoli che a sua volta le avrebbe fatte arrivare a Vincenzo Panicola, cognato del latitante.
Le parole del pentito sono confermate dai verbali di Cimarosa che racconta anche di un attentato ai danni di Becchina, che sarebbe stato ordinato da Matteo Messina Denaro in persona. Un avvertertimento per la mancata consegna del denaro. «Gli hanno sparato nel cancello», racconta il collaboratore di giustizia agli investigatori affermando di aver ricevuto la confidenza da Francesco Guttadauro, nipote del boss. «Un 70- 80 mila euro gli doveva dare – prosegue Cimarosa – e la stessa cifra andava versata periodicamente».
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