A Siracusa c'è una chat che conta oltre 200 partecipanti, alcuni dei quali condividono precedenti per reati relativi agli stupefacenti. Messaggi vocali in dialetto con luoghi, raccomandazioni e qualche suggerimento per non farsi «attaccare»
Il maxi-gruppo Whatsapp per segnalare posti di blocco Tra insulti agli sbirri e la preoccupazione per la droga
«Ragazzi, posto di blocco…». È questa la frase più pronunciata, seguita ogni volta dal luogo specifico, nei messaggi vocali che impallano di notifiche i cellulari degli oltre duecento partecipanti al maxi-gruppo Whatsapp, che a Siracusa è nato e continua a esistere, con l’unico intento di segnalare la presenza delle varie forze dell’ordine in giro per la città. Con l’intensificarsi dei controlli per le misure di contenimento del nuovo coronavirus, anche i messaggi sono aumentati. Uomini e donne, giovani e meno giovani, voci squillanti e altre rauche, qualcuno partecipa in modo passivo ascoltando solamente mentre altri sono diventati dei veri e propri animatori del gruppo. Altri simili sono stati chiusi e i partecipanti denunciati, come nel caso di Canicattì (Agrigento), per interruzione di pubblico servizio. In Liguria, invece, una giudice ha archiviato l’inchiesta non considerandolo un reato. Insomma, in assenza di un quadro normativo chiaro in cui si definiscano in maniera univoca gli usi leciti e illeciti delle nuove tecnologie, i paladini dei posti di blocco portano avanti la propria missione.
Con una cadenza marcata e rigorosamente in dialetto, dopo avere intercettato le auto con gli uomini in divisa, informano i «ragazzi». A spingerli a tanto attivismo sembra essere una particolare forma di solidarietà. Alcuni dei membri della chat di gruppo, in particolare, condividono i precedenti per reati legali al mondo della droga. Altri sono più preoccupati di potere scorrazzare per la città senza cintura, senza casco, senza assicurazione. «C’è gente che fa danni piedi-piedi (in giro, ndr) e non gli dicono niente – lamenta un uomo – invece se la prendono con gente onesta come noi che abbiamo l’assicurazione scaduta perché non la possiamo pagare». «Ti trovano il pelo nell’uovo anche se sei senza cintura – risponde un altro – Mbare ma dove siamo arrivati? Roba dell’altro mondo». Un ragazzo che ha da poco comprato un’auto nuova è preoccupato di essere fermato dalle forze dell’ordine che lo troverebbero senza assicurazione: «Ma te lo immagini mi dicono: “Devi scendere e devi lasciare la macchina”. Ma io metto la prima e c’è ciao. Minchia di guai».
Qualcuno vanta anche «amicizie» con carabinieri o poliziotti a cui, però, non risparmia epiteti o insulti poco lusinghieri. «Ragazzi, finanza in via Gaetano Barresi», avvisa un giovane con un tono fioco come se avesse il fiatone. «Ragazzi, posto di blocco all’Isola», segnala un uomo con una voce tanto squillante da sembrare quasi modificata. «Attenzione – allerta un altro – ci sono due pattuglie di carabinieri di fronte al benzinaio». C’è chi, addirittura, quando le limitazioni alla circolazione sono più restrittive a causa della pandemia, comunica di avere fatto l’en plein: «Buongiorno ragazzi, in via Elorina sono tutti insieme a posto di blocco: guardia di finanza, carabinieri, municipale e polizia. Occhio – avverte – perché fermano tutte le macchine che passano». Qualcuno ringrazia, altri si lamentano («Siamo a mare con tutti ‘sti posti di blocco») e poi c’è chi prova a trovare delle giustificazioni creative: «Se mi fermano, io ho un cestino davanti (allo scooter, ndr). Gli dico che sto andando a raccogliere limoni».
Un padre, inizialmente preoccupato all’idea di un controllo, si tranquillizza poi da solo: «Uno si deve spaventare anche a uscire con la famiglia – dice in un vocale – mio figlio ha i vizi e in macchina sta con in piedi sui sedili posteriori. Se virissinu na cosa ri chissi m’abbruciassinu (Se vedessero una cosa del genere, mi distruggerebbero, ndr). Quando mi fermano, comu veni si cunta. Tanto le amicizie ce le abbiamo». Di fronte all’idea di un posto di blocco, c’è pure chi ostenta una ironica serenità: «Io sono tranquillo perché la cintura me la metto sempre. Quella dei pantaloni però, così sono a posto». In sottofondo all’audio si sente un servizio di una tv locale che parla proprio dei controlli da parte delle forze dell’ordine che hanno sanzionato persone trovate alla guida senza casco o senza cintura.
In alcuni dei messaggi vocali emerge con chiarezza che a preoccupare non sono certo le infrazioni del codice della strada. A uno dei segnalatori, infatti, c’è chi risponde mettendolo in guardia: «Ma se tu hai gli arresti domiciliari, cu ti ci potta ddoco (chi ti ci porta lì, ndr), disgraziato?! Cerca di stare attento, rapi l’occhi (apri gli occhi, ndr)». Un ragazzo poi, senza giri di parole, segnala la presenza della polizia in via Algeri e avverte: «Occhio, non andate a prendere le palline perché vi attaccano (vi arrestano, nrd)». A questo c’è chi risponde con una riflessione socio-economica sul momento storico: «S’ana misu tutti o passo (si sono messi tutti al passo, ndr). A noi prima ci davano sia la cosa che i soldi per portarcela. Ora, in base alla situazione, s’ana misu o passo. Sono un pugno di crasti, devono morire ammazzati tutti quanti».