L'opera, frutto del ricongiungimento di due reperti, risale al periodo tardo arcaico. Da settembre a gennaio 2022 la si potrà ammirare all'esposizione di Arte Cicladica della capitale greca. Fornite ampie rassicurazioni sulla sicurezza
Il Koùros di Lentini andrà in prestito al museo di Atene Direttrice: «Sarà la prima volta fuori dai confini italiani»
Un’opera frutto di una eccezionale lavoro di restauro che da inizio settembre, e fino alla fine di gennaio 2022, potrà essere ammirata al museo di Arte Cicladica di Atene. Si tratta dell’antica scultura greca che prende il nome di Koùros di Lentini. L’opera era inizialmente formata da due pezzi separati: la testa Biscari, di propietà del museo Civico Castello Ursino, e il torso Koùros, quest’ultimo conservato al museo archeologico Paolo Orsi di Siracusa. Pezzi scoperti in periodi differenti ma sempre nella provincia aretusea, nel territorio di Lentini, sede dell’antica colonia greca di Leontinoi. Per la prima volta da quando è stata ricongiunta, l’opera varcherà i confini dell’Italia per essere esposta in Grecia. A chiedere il prestito, con una lettera formale, è stato Nicholas Stampolidis, direttore del museo di Arte Cicladica. «Il Koùros è stato esposto intero a Catania e Siracusa e per la prima volta esce dai confini nazionali composto, ma la testa è già andata a Cleveland», spiega a MeridioNews Valentina Noto, direttrice del museo etneo.
«Sarebbe davvero vitale per noi – si legge nella lettera inviata dalla Grecia – ottenere in prestito la testa Biscari che attualmente si trova ricomposta con un torso del museo di Siracusa». All’interno dello spazio espositivo il Koùros di Lentini verrà posizionata «accanto a una famosa e bellissima statua di una Kore attica, che mantiene ancora parte dei colori originali, proveniente dal museo dell’Acropoli di Atene». Come avviene sempre quando di mezzo c’è un trasferimento e una esposizione, uno dei nodi fondamentali è quello relativo alla sicurezza. Il museo catanese, come emerge dai documenti, ha fornito ampie rassicurazioni indicando la presenza di dieci custodi, addetti all’ingresso e alle sale per le esposizioni che sono distribuiti su sei piani in un’area di 1500 metri quadrati. Il sistema d’allarme prevede l’utilizzo di «sensori di movimento, anti-urto e una rete di telecamere a circuito chiuso che vengono monitorate h24 dalla vigilanza».
L’autorizzazione da parte del Comune di Catania è arrivata il 23 giugno scorso con l’indicazione di «un valore assicurativo di 800mila euro». «La procedura e gli accorgimenti sono quelli che vengono adottati per tutte le opere d’arte con l’assicurazione e l’utilizzo di una cassa doppia», aggiunge la direttrice. L’opera ha una storia lunga e particolare. Il torso acefalo è stato acquistato a inizio Novecento dall’archeologo ed ex direttore del museo di Siracusa, Paolo Orsi. La testa, invece, è stata recuperata nel Settecento da Ignazio Paternò Castello, principe di Biscari. L’idea di unire i due pezzi cela l’intuizione di Vittorio Sgarbi. Successivamente, grazie a una serie di verifiche e analisi sul marmo, si è arrivati al via libera con un’opera di restauro fortemente voluta dall’ex assessore ai Beni culturali Sebastiano Tusa.