Il primo gesto sarà «incontrare i sindacati e i quattro rettori, ma anche rimuovere Patrizia Monterosso. Non è una delegittimazione, ma una scelta pertinente, che rientra nelle autonome valutazioni di un presidente. A prescindere dalla persona, avrebbe fatto bene Monterosso a lasciare il suo incarico. Ma l’ho detto già anni fa». Così il governatore Nello Musumeci, in queste ore alle prese con la composizione della nuova giunta regionale, ha esordito non molto tempo prima della sua vittoria alle elezioni del 5 novembre, a un confronto a porte aperte con gli altri candidati alla presidenza, su invito dei sindacati confederali. E non è stata certo questa la prima volta che Musumeci ha lanciato strali contro la potentissima segretaria generale della Regione siciliana, Patrizia Monterosso, coinvolta in un’intricata indagine giudiziaria su un peculato da undici milioni di euro legato agli extra-budget della formazione professionale, per la quale è stata condannata a risarcire oltre un milione e 300 mila euro.
Da presidente della commissione antimafia Musumeci aveva sollecitato più volte in Aula le sue dimissioni e il parlamento votato una mozione di censura contro di lei, che poi non fu approvata grazie al sostegno di forze incrociate da Forza Italia al Pd. Tra i primi atti che daranno un’impronta decisiva al nuovo governo di Musumeci, è inequivocabile quello di liquidare l’attuale segretario generale che potrebbe essere sostituito, secondo fondate ipotesi, dal magistrato Massimo Russo, in panchina dal 2012, da quando cioè si era dimesso da assessore del governo Lombardo, perché quest’ultimo aveva deciso di sostenere prima Musumeci alle elezioni e poi Gianfranco Miccichè.
Ma Monterosso – il cui posto potrebbe essere preso da Maria Mattarella, nipote del presidente della Repubblica – potrebbe uscire dalla porta per entrare dalle finestra. Sarebbe infatti proprio Miccichè, se eletto alla guida dell’Ars, a garantirle un incarico: continua a circolare con insistenza tra i corridoi di Palazzo dei Normanni, la voce che la burocrate, costretta a fare le valigie da Palazzo d’Orleans, aspirerebbe ad un incarico all’interno del parlamento e sarebbe proprio il leader azzurro Miccichè a garantirglielo. Impossibile però che ricopra la carica di capo di gabinetto, come si era detto, che deve essere necessariamente affidata ad un funzionario interno all’Ars. Per forzare la regola, fanno sapere gli uffici, occorrerebbe una modifica al regolamento interno.
Sembra che Miccichè, oltre a salvare Monterosso, abbia già deciso di affidare la presidenza della Fondazione Federico II ad un altro funzionario dell’Ars a lui vicino: Antonio Purpura, suo ex capo di gabinetto quando proprio Miccichè, da presidente dell’Ars, affidò le redini della Fondazione ad Alberto Acierno, poi nel 2015 condannato in via definitiva a sei anni e mezzo per peculato nell’esercizio delle sue funzioni.
Ma che fine faranno gli altri inossidabili burocrati che hanno superato stagioni e bufere politiche, restando indisturbati ai loro posti? Di certo un incarico di rilievo, che potrebbe essere alla guida della programmazione, andrà a Fulvio Bellomo, ex funzionario dei Beni Culturali, approdato in ultimo a dirigere le Infrastrutture, da sempre fedelissimo all’area politica di Musumeci. A lui potrebbe toccare sostituire l’intramontabile Vincenzo Falgares, entrato ultimamente già in polemica con Crocetta per questioni legate ai fondi per il trasporto pubblico e insieme a Monterosso ritenuto un intoccabile della burocrazia regionale.
Tra le poltrone in bilico anche quella di Rosaria Barresi, dirigente generale del Territorio e Ambiente e quella di Gaetano Cimò, voluto dall’ultimo assessore dem Antonello Cracolici, proprio al posto della Barresi. Ma il risiko delle dirigenze prenderà forma solo dopo la definizione del nuovo assetto della giunta che potrebbe essere chiaro già il prossimo lunedì.
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