Quando l’imprenditrice Grazia Romano pronuncia quella data sembra di avere sentito male. Dopo l’ennesima volta però non ci sono più dubbi. «Le attività alberghiere ripartiranno ad aprile 2021». Praticamente tra dodici mesi. L’effetto lockdown, nella crisi mondiale generata dalla pandemia di Covid-19, chi lavora nel settore dell’ospitalità ha cominciato ad avvertirlo in anticipo. Già quando il virus sembrava un affare perlopiù cinese. «Lavorando con i turisti stranieri e clienti che si spostano continuamente almeno venti giorni prima dei decreti noi eravamo già fermi», spiega al telefono.
Romano, oltre ad essere proprietaria di un albergo a Catania, è la coordinatrice di Federalberghi Sicilia Giovani, la federazione che riunisce gli operatori del settore. «Ci stranisce che il mondo della politica non abbia una visione chiara sui tempi di ripresa – spiega – Non sono uguali per tutti e per il nostro settore saranno particolarmente lunghi». Il motivo non è neppure difficile da capire: «Non eroghiamo un prodotto che si può immagazzinare». Anche perché dalla fase due in poi spostamenti, voglia di fare una vacanza e disponibilità economica per molti saranno una chimera.
«Secondo le stime, in Italia il turismo perderà una fetta pari al 55 per cento. In Sicilia dovremmo arrivare a circa il 75 per cento», continua. L’offerta nell’Isola è diretta soprattutto al turismo straniero. «Che possiamo dimenticarci per tutto il 2020», sottolinea Romano. E non va meglio sul fronte nazionale. «Anche i nostri connazionali hanno perso fiducia. I dati ci dicono che ogni settimana la voglia di spostarsi per turismo diminuisce del 18 per cento. Praticamente si tratta di uno shock pari a sei volte quello dell’11 settembre».
Nonostante l’assenza di ospiti gli alberghi continuano a produrre costi e a poco servirebbero tagli o rinvii per il pagamento delle tasse. «Abbiamo ricevuto cancellazioni fino a ottobre, cioè per tutto il periodo cruciale per le nostre attività. Quando ci sarà il via libera alle riaperture probabilmente in molti non lo faranno nemmeno». Alcuni alberghi, in provincia di Catania l’Ibis Style di Acireale, hanno convertito l’attività in struttura sanitarie per i pazienti Covid clinicamente guariti o per gli asintomatici risultati positivi. «C’è arrivata una richiesta di disponibilità da parte della Regione Siciliana – spiega Romano – noi l’abbiamo data ma poi non sono seguite altre comunicazioni».
Ma c’è una ricetta per il futuro? «Urgono soluzioni a carattere regionale, per favorire il turismo sull’Isola incentivando il mercato nazionale a programmare vacanze in Sicilia. Senza dimenticare che prima della crisi il settore produceva il 13,6 per cento del prodotto interno lordo nazionale». Uno dei nodi che dovrà essere tenuto in considerazione è pure quello del trasporto aereo. Che proprio alla Sicilia dedica diversi voli nel periodo estivo. Cosa ne sarà?
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