Il cibo venduto nel mondo con il marchio mafia Il vino in Usa, la salsa tedesca e il caffè bulgaro

Il vino negli Stati Uniti, il caffè in Bulgaria, una salsa dall’inquietante colore in Belgio, le spezie in Germania. Tutti prodotti spacciati per siciliani o italiani con nomi che richiamano esplicitamente Cosa Nostra. Un’associazione tra lo stile del nostro Paese e la mafia che genera ogni anno un business milionario in giro per il mondo. E che non riguarda solo piccoli marchi, ma anche importanti brand e catene. Come succede da 15 anni in Spagna, dove i ristoranti del gruppo La mafia se siente a la mesa proprio qualche mese fa hanno lanciato un concorso a premi, in collaborazione con Coca Cola: in palio un viaggio «nell’Italia del padrino», cioè la Sicilia. 

Oggi Coldiretti, che riunisce i suoi stati generali a Catania, mette in mostra alcuni prodotti che continuano sulla stessa linea. Il caffè Mafiozzo in Bulgaria; gli snack Chilli Mafia in Gran Bretagna; il vino Il Padrino negli Stati Uniti; il sugo piccante rosso sangue Wicked Cosa Nostra nel Missouri, dove la parola wicked sta per cattivo ma anche per spettacolare; la SauceMaffia o SauceMaffioso per condire pasta e patatine in Belgio. E ancora in Germania il liquore Fernet mafiosi e le spezie Mafia shooting. In più online si trova anche il libro di ricette The mafia cookbook. 

«Il marchio mafia – denuncia la Coldiretti – è usato a raffica nella ristorazione internazionale per fare affari, come nel caso della catena spagnola di ristoranti La Mafia che fa mangiare i clienti accanto ai murales dei gangsters più sanguinari (da Vito Cascio Ferro a Lucky Luciano, fino ad Al Capone), mentre praticamente ovunque, dal Messico a Sharm El Sheik, dal Minnesota alla Macedonia si trovano ristoranti e pizzerie Cosa Nostra mentre a Phuket in Tailandia c’è addirittura un servizio take away».

«Sono nomi che fanno moda? Andrebbe chiesto a chi li produce – spiega Sara Paralupi, del direttivo nazionale di Coldiretti – qualcuno pensa di ritagliarsi una fetta di mercato facendo spettacolo. Ma qui siamo davanti a una duplice beffa, perché in realtà non sono prodotti italiani, quindi una doppia negatività. Anche in questo caso – conclude – dobbiamo raggiungere una tutela». 


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