Ignazio Cutrò escluso dal programma di protezione «È il modo migliore per facilitare chi mi vuole male»

«Non consta si sia verificato nel corso degli ultimi quasi dodici mesi alcun fatto indicativo di elementi di rischio». A scriverlo la commissione centrale presso il ministero dell’Interno, nella delibera con cui di fatto ha revocato le misure di protezione a Ignazio Cutrò, l’imprenditore di Bivona che, facendo ampie dichiarazioni, fece scattare le indagini che consentirono alla magistratura di celebrare il processo Face-Off che ha visto alla sbarra presunti appartenenti alla mafia della Bassa Quisquina, accusati di estorsione. Tra i motivi per cui la commissione ha deciso di togliere a Cutrò lo status di testimone di giustizia vengono elencati, inoltre, il lavoro svolto dall’imprenditore, che è stato assunto dal Comune di Bivona nell’ambito della normativa in materia. Nello specifico, la commissione ritiene che «quell’impiego lo ha messo in contatto con situazione extra-familiari e soggetti terzi», da cui non sarebbero emersi problemi per la sua incolumità. 

A carico di Cutrò, infine, ci sarebbero violazioni del programma di protezione. Violazioni che l’imprenditore di Bivona contesta, motivandole con la decisione di prendere parte a manifestazione di protesta in assenza della scorta. Contro il provvedimento, molto probabilmente, sarà presentato un ricorso al Tar del Lazio. «Ho avuto modo di leggere la decisione della commissione centrale solo lunedì sera – spiega Katia La Barbera, legale di Cutrò -. Bisogna leggere con attenzione ciò che il provvedimento contiene e poi valutare la possibilità di presentare un ricorso. Abbiamo 60 giorni di tempo per farlo».

Nei confronti della scelta del ministero, intanto, si assiste a una vera e propria levata di scudi. I primi a intervenire sono stati gli attivisti dell’Associazione nazionale testimoni di giustizia, organismo fondato e presieduto dallo stesso Cutrò. «A questo punto – scrive l’associazione – Cosa Nostra potrà compiere indisturbata la sua vendetta contro Ignazio Cutrò, così come ha fatto con Domenico Noviello barbaramente assassinato. Lo Stato protegge i collaboratori di giustizia, molti persino da decenni, invece Ignazio Cutrò viene punito perché la sua è una voce libera».

Matteo Mangiacavallo, portavoce del Movimento Cinque Stelle all’Ars, chiede che «venga ritirato subito il provvedimento di revoca del programma di protezione a Ignazio Cutrò. Il testimone di giustizia dell’Agrigentino – afferma Mangiacavallo – rischia la vita ogni giorno per aver denunciato i soprusi della criminalità organizzata nel suo territorio, lo stesso territorio dove ha deciso di restare con tutta la famiglia, e oggi lo Stato lo abbandona, forse perché la sua è una voce scomoda. Se dovesse succedere qualcosa a Ignazio Cutrò e alla sua famiglia, la politica tutta ne sarà responsabile».

Invece secondo Davide Mattiello, deputato del Pd che nella Commissione parlamentare antimafia coordina il V Comitato, che si occupa proprio di collaboratori di giustizia e vittime di mafia, «sono destituite di ogni fondamento le notizie che trattano il taglio della scorta ad Ignazio Cutrò. Ce lo ha confermato il vice ministro Bubbico – aggiunge Mattiello –, da me sollecitato su questo punto nell’ambito dell’audizione che si è appena conclusa. Anzi, è stata ribadita l’importanza del ruolo pubblico assunto negli anni da Ignazio Cutrò. Né lui, né la sua famiglia, sono o saranno abbandonati dallo Stato».

A parlare però è soprattutto il diretto interessato che a MeridioNews racconta un retroscena avvenuto poco dopo aver saputo dell’uscita dal programma di protezione. «Il prefetto di Agrigento mi ha telefonato in tarda serata assicurandomi che la scorta per il momento verrà mantenuta – dichiara Cutrò -. È stato un gesto che ho molto apprezzato. Ma mi lascia perplesso perché di fatto gli organi dello Stato si contraddicono: da una parte qualcuno dice che non sono a rischio, dall’altro c’è chi mi continua a garantire protezione». Poche parole sul futuro: «Io rimango qui, ma continuo a pensare che sto scomodo a qualcuno. E abbandonarmi adesso – conclude – è il modo migliore per lasciare spazio a chi mi vuole male».

Giacinto Pira

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