Iblis, la vicenda del centro La Tenutella In aula l’ex sindaco di Misterbianco Caruso

L’ultimo, solo in ordine di tempo, centro commerciale catanese. Per di più conteso tra due gruppi di potere. E’ il progetto La Tenutella – oggi ribattezzato Centro Sicilia – il protagonista dell’ultima udienza del processo Iblis, sui presunti intrecci tra politica, mafia e imprenditoria nella provincia etnea. A testimoniare, oltre ad Alberto Galeazzi, rappresentante della ditta che avrebbe dovuto occuparsi dei lavori, anche Antonina Caruso, ex primo cittadino di Misterbianco – Comune dove sorge il centro, in contrada Cubba – ai tempi della concessione edilizia, e Giovanni Galasso, avvocato e fratello dell’allora vicesindaco Francesco.

Al centro del caso, l’imputato Giovanni D’Urso, coinvolto nell’affare secondo i magistrati, insieme a rappresentanti di Cosa nostra etnea e a loro presunti fiancheggiatori. Nella prima categoria rientrerebbe Francesco Marsiglione, già condannato in primo grado a 12 anni e otto mesi per associazione mafiosa nel filone di Iblis che si è svolto con il rito ordinario. Nella seconda figurerebbe invece Rosario Ragusa, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa a otto anni e quattro mesi. I racconti su La Tenutella si aprono con la testimonianza di Alberto Galeazzi, imprenditore ligure che – con il suo gruppo familiare Ferrari – ha rilevato a metà anni ’90 l’Ira costruzioni, un tempo azienda di punta del cavaliere del lavoro etneo Gaetano Graci.

«La proposta di costruire La Tenutella me l’ha fatta un medico, Rosario Ragusa, che aveva già l’opzione su alcuni terreni – continua l’imprenditore – Noi abbiamo avviato l’iter, ma poi l’affare si è complicato e Ragusa non si faceva più vivo». A rendere tutto più difficile, anche un progetto simile da realizzarsi proprio di fronte e che «faceva capo a un gruppo editoriale», ricorda il testimone. Quello di Mario Ciancio Sanfilippo e per cui la procura di Catania ha in corso altre indagini ormai agli sgoccioli. «Un giorno, vennero quattro o cinque personaggi, non so chi fossero, e ci dissero, in modo malavitoso, che volevano uscissimo da questa operazione». E così succede. «Più che altro mi colpì l’effetto che queste persone ebbero sui miei colleghi catanesi – conclude Galeazzi – Per me era comunque una cosa nuova».

In contemporanea, secondo i magistrati, la criminalità organizzata etnea si muoveva con la politica locale. «Quand’ero consigliere, votai contro il progetto – racconta Antonina Caruso – Ma da sindaco ci tenevo a portare avanti un’iniziativa che era un’occasione di sviluppo per il mio territorio». Primo cittadino di Misterbianco dal 2002 al 2012, è sotto la sindacatura Caruso che la società La Tenutella ottiene la concessione edilizia. «Io i contatti li tenevo con Ragusa – continua l’ex sindaco – Ma una volta fu D’Urso a farmi fare un giro del cantiere per vedere come procedevano i lavori». Un’iniziativa imprenditoriale «non semplice – ricorda la testimone – Che sembrava morisse e poi si riprendeva». E che, per i magistrati, ha avuto il suo culmine in un episodio: una cena tra l’allora primo cittadino, il suo vice, il fratello di quest’ultimo e Marsiglione.

«Non sapevo chi fosse. L’ho scoperto tempo dopo, quando mio figlio mi ha mostrato un articolo di giornale su quella cena e mi ha chiesto “Mamma, che cosa hai fatto?”», spiega Caruso commossa. Un coro di “Ehhh” si leva dai familiari degli imputati. «Quella sera Marsiglione mi fece domande sulla fattibilità del progetto La Tenutella, ma non ci feci caso, perché erano in molti a chiedermelo in quel periodo. E poi dei fratelli Galasso mi fidavo, sono cresciuti nel mio stesso quartiere. Mi sono sentita usata», conclude l’ex sindaco Caruso. Una versione opposta a quella di Giovanni Galasso, fratello del vicesindaco Francesco e avvocato civilista che ha curato la compravendita dei terreni in cui sorge il centro commerciale. «Ho conosciuto Marsiglione perché era interessato all’acquisto dei terreni, ho saputo solo dopo dei suoi problemi con la giustizia – spiega il testimone – Un giorno, mio fratello e il sindaco mi chiesero un incontro con qualcuno che si occupava del progetto per avere più notizie e così organizzai la cena».

A interrompere il filo dei racconti su quello che doveva essere il nuovo centro commerciale di Catania è solo la testimonianza del maggiore dei Carabinieri Massimiliano Galasso, in passato a capo della compagnia di Palagonia, intervenuto nei danneggiamenti al cantiere del parco eolico di Ramacca-Raddusa-Assoro. Un progetto da più di 200 ettari, partito per impulso di un consorzio tra la società spagnola Ecotecnia e una controllata del colosso Siemens, ma i cui lavori erano stati subappaltati alle ditte di alcuni degli imputati: Santo Massimino Mario Scinardo. Casi, quelli delle minacce e dei danneggiamenti, etichettati dai Carabinieri come tentativo di estorsione e simulazione di reato da parte della ditta di vigilanza del cantiere.

[Foto di CentroSicilia]


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Una breve parentesi sulle presunte intimidazioni al cantiere del parco eolico di Ramacca-Raddusa-Assaro. Ma si è concentrata soprattutto sul progetto di costruzione del centro commerciale in contrada Cubba - oggi ribattezzato Centro Sicilia - l'udienza del processo sulle collusioni nella provincia etnea. Un piano a cui, secondo i magistrati, era interessata anche Cosa nostra, che si sarebbe mossa con continue pressioni. Nei confronti degli imprenditori ma anche dei politici locali

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